Denuncia e subisce tre assalti | “Fermarsi è da vigliacchi” - Live Sicilia

Denuncia e subisce tre assalti | “Fermarsi è da vigliacchi”

Presidente dell'associazione antiracket Chinnici, Claudio Risicato lotta la mafia dei comuni pedemontani. Ecco come si vive, soli, contro usura ed estorsioni.

CATANIA- Ogni sera percorre la stradina che lo separa da casa con la pistola tra le gambe. Si guarda sempre attorno. “Mi faccio il segno della croce quando esco la mattina”, e inizia una nuova giornata.

Mantiene un profilo basso, non si è fatto abbagliare dalle luci dell’antimafia da palcoscenico dove “girano troppi soldi”, Claudio Risicato è semplicemente parte civile e teste dell’accusa in molti processi di mafia, presiede l’associazione antiracket Chinnici e dalla terza incursione nella sua azienda ha capito che non restava altro da fare, che incrociare le dita. E continuare a denunciare.

Anche quando un imprenditore era stato cacciato dalla propria famiglia perché voleva ribellarsi al racket, Risicato lo ha ospitato e insieme hanno preparato la denuncia.

L’associazione Rocco Chinnici è costituita parte civile in numerosi processi, che vedono imputati esponenti dei Ceusi, Puntina-Pillera, Ercolano-Santapaola e clan Centorrino.

I reati contro i quali si batte Risicato sono estorsione, usura violenza privata e associazione mafiosa.

Rilevante il contesto, parliamo di Aci Catena, la terra di “Nino Coca Cola”, senza il suo benestare non si muove foglia.

Claudio Risicato trascorre le giornate in tribunale, in caserma dai carabinieri e quando può, in azienda, dove la “sicurezza” è garantita dall’occhio delle telecamere che ha installato.

Mentre parla si ferma un attimo, punto lo sguardo verso il nulla, e racconta:“Sono entrati nella mia azienda, hanno sfondato le pareti a colpi di mazza e hanno bevuto alcolici sulla mia scrivania, brindando”.

L’azienda di prodotti farmaceutici di Claudio Risicato si trova proprio ad Acicatena. Due incursioni ad opera di ignoti, hanno forzato la saracinesca, il cancello di ferro e non hanno rubato alcunché. “Il messaggio è chiaro”, esclama.

Poi risicato ha trovato una bottiglia di benzina, con una minaccia di morte: “Non arriverai a Natale”.

Quindi la terza incursione: “Hanno preso a colpi di mazza le pareti -ricorda Risicato- hanno rubato circa 25mila euro di merce inutilizzabile: termocoscmetici e integratori alimentari. Hanno rubato carnet di assegni non trasferibili e quindi inutilizzabili”. E’ il febbraio del 2013, i carabinieri fanno foto, rilievi, acquisiscono impronte digitali e aprono un fascicolo, l’ennesimo, che vede agli atti le bottiglie utilizzate per bere e festeggiare, sulla scrivania di Risicato. “Hanno fatto impazzire la centralina dell’allarme”.

Se tornasse indietro Risicato rifarebbe tutto, “perché questo cancro della mafia opprime lo sviluppo di questa terra e tutti lo dobbiamo combattere”.

Non si vuole tirare indietro: “Scappare sarebbe un atto di vigliaccheria, non faccio politica, non frequento salotti buoni, club service. Nell’antiracket girano troppi soldi, ci sono professionisti dell’antimafia che ottengono incarichi politici e prebende”.


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