Quando il giudice ha pronunciato la parola assolto, Sebastiano Camelia ha abbracciato il suo avvocato dimenticando qualsiasi regola di distanziamento sociale. Un gesto istintivo e liberatorio dopo una lunga battaglia penale durata quattro lunghi anni.
Era accusato di minaccia nei confronti dei poliziotti della Municipale di Acireale, incaricati dall’allora giunta comunale retta dal sindaco Roberto Barbagallo, di liberare la casa situata vicino al PalaTupparello dove abitava con la sua famiglia da un diverso tempo.
Lo sgombero, avvenuto nel 2016, era collegato al progetto dell’amministrazione comunale di destinare l’area alla realizzazione di un centro raccolta rifiuti. Le lotte giudiziarie di Camelia erano sono cominciate molto prima di quel fatidico 10 ottobre, ma si erano concluse con una sentenza di proscioglimento dall’accusa di occupazione abusiva.
Nonostante il difensore aveva informato il Comune prima ancora dell’esecuzione, i vigili urbani si sono presentati puntuali il giorno programmato. E se da una parte il ricorso contro lo sgombero ha portato il giudice a dare ragione a Camelia, dall’altra sono partite le denunce da parte degli agenti della polizia municipale.
Nel corso delle operazioni di sgombero Camelia ha inveito, gridato, dicendo frasi strampalate e facendo riferimento a colpi di pistola. Un momento di sfogo che è culminato con anche atti di autolesionismo.
Il processo si è chiuso con un’assoluzione perché il fatto non sussiste.
“Il giudice ha ben compreso che il mio assistito non ha rivolto minacce ai vigili urbani – commenta l’avvocato Dario Fina – e per questo ha emesso una sentenza di assoluzione. Si è chiuso così anche l’ultimo tassello di un processo che ha visto il mio assistito avere ragione anche su questo fronte”.
