PALERMO – Domenico Memi Salvo ha rischiato una condanna a 28 anni. Alla fine il Tribunale gli ha inflitto sette anni di carcere. Assieme a lui sono stati condannati Francesco Fumuso (8 anni), Aldo Monopoli e Domenico Marino (sette anni ciascuno), Daniele Uzzo e Claudio Fiorelli (sei anni). Assolti Antonio Riina e Christian Mancino difesi dagli avvocati Nadia Saccoccio e Marco Portera.
Secondo gli inquirenti, a finanziare l’organizzazione che faceva arrivare cocaina dal Perù sarebbe stato Salvo che aveva investito nel business il ricavato della nuda proprietà della casa-studio dell’anziana madre. L’avvocato venne arrestato a novembre del 2013. Alla fine l’affare saltò e Memi Salvo ci avrebbe rimesso trentamila euro. Legale dei fratelli Graviano, negli anni Novanta Salvo si era messo a disposizione dei potenti capimafia di Brancaccio. E scattò una condanna definitiva a quattro anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Radiato dall’Ordine degli avvocati di Palermo, Salvo trovò ospitalità fra i professionisti di Locri, in Calabria. Di nuovo con la tessera in tasca era tornato ad indossare la toga pure a Palermo, tra tante polemiche.
Poi, il nuovo arresto. Le indagini degli uomini della Sezione Antidroga della Squadra Mobile lo piazzavano tra i promotori e i finanziatori della banda di trafficanti. Suoi in parte, secondo l’accusa, erano i soldi che servirono per comprare una decina di chili di cocaina purissima. Solo che davanti al Tribunale presidente da Bruno Fasciana, ieri sera al termine di una lunga camera di consiglio, è proprio l’accusa di associazione che non ha retto. Così come non ha retto del tutto la ricostruzione di Gaspare Canfarotta, trafficante di droga pentito.
