Sono stati arrestati anche in base alle intercettazioni telefoniche ma nessuno capisce la lingua utilizzata dagli imputati. È successo a Palermo nel processo in corso di fronte alla quarta sezione penale. La vicenda riguarda un traffico di stupefacenti dall’Olanda e dal Sud America destinati a Palermo e gestito da Giuseppe Ingrascì che si sarebbe servito di un gruppo di extracomunitari, ghanesi e nigeriani, come corrieri della droga. Si tratta di: Igue Ade, Wilhelmina Bedjabeng, Goerge Dozele, Viviane Erhabor e Jeffry Kinsly.
Il presidente del collegio giudicante, Mario Fontana, aveva disposto la trascrizione delle intercettazioni in lingua originale a un perito nominato dal tribunale. Il tecnico si è presentato in aula, si è seduto sul banco dei testimoni e ha chiesto scusa: non ha capito nulla di quanto gli imputati si dicessero al telefono. “Non sono riuscito a trascrivere – è stato messo a verbale – in quanto nelle conversazioni si utilizzava un miscuglio di lingue che non sono riuscito a comprendere”. Il perito ha fatto presente che in Ghana ci sono circa 48 dialetti diversi.
Il punto è come hanno fatto allora a trascrivere le intercettazioni fra gli imputati. Così il tribunale ha concluso chiedendo “al fine di verificare in quale lingua o dialetto si siano svolte le conversazioni intercettate” di chiamare a testimoniare “l’ausiliario di pg che ha provveduto nelle indagini preliminari a tradurre e trascrivere”.
Le altre persone coinvolte nel traffico di droga sono state giudicate con rito abbreviato di fronte al gup, Sergio Ziino, e condannate rispettivamente: Giuseppe Ingrascì – ritenuto la mente dell’organizzazione – a 7 anni , James Bedjabeng a 6 anni, Sergio Bosco a 5 anni e 4 mesi, Alessandro Zappulla a 2 anni e 6 mesi e Lorenzo Ruvolo a 1 anno e 8 mesi. L’operazione della guardia di finanza, dell’ottobre 2010, aveva portato anche al sequestro di due chili fra eroina, cocaina e hashish.