PALERMO – E’ la sentenza di un processo che riguarda uno dei delitti più efferati della cronaca palermitana. Quello che vede protagonisti Gaetano Cinà, manovale e i suoi due figli, Francesco e Massimiliano, giovani piastrellisti, accusati di avere massacrato a coltellate Vincenzo Chiovaro e Antonino Lupo, di 35 e 37 anni, nella piazza del quartiere popolare Borgo Vecchio: per i tre, dopo una lunga camera di consiglio, è arrivato l’annullamento con rinvio della sentenza da parte della Cassazione.
Le pene per Gaetano Cinà e i suoi figli, erano state ridotte dalla Corte d’assise d’appello da venti a sedici anni, lo scorso anno. Nel 2012, infatti, ai tre imputati, assistiti dagli avvocati Toni Palazzotto, Marco Clementi, Giulia Clementi, Valentina Clementi e Giuseppe Farina, erano state riconosciute le attenuanti generiche. Il padre soffre di gravi problemi di salute ed è stato stato ormai da tempo scarcerato. I figli, invece, sono entrambi detenuti.
L’omicidio che insaguinò una delle zone popolari del capoluogo, risale al 23 aprile 2002. Dopo quel giorno, si alzò un muro di omertà che si ruppe solo sette anni dopo, nel 2009, quando i Cinà finirono in manette. Nessuno aveva assistito alla ferocia di un delitto commesso in pieno giorno e in una piazza affollata da chi faceva la spesa e dai residenti. Alla fine arrivò un testimone, Fabio Nuccio, fratello del collaboratore di giustizia Antonino ed ex fedelissimo dei boss Lo Piccolo.
In base alla sue dichiarazioni, Chiovaro e Lupo sarebbero stati massacrati perché avevano rubato lo scooter ad uno dei Cinà e per restituirlo pretendevano un riscatto. Quel giorno, era arrivata una telefonata al 113, qualcuno diceva che al Borgo c’era una lite. All’arrivo delle volanti, i corpi di Antonino Lupo e Vincenzo Chiovaro furono trovati martoriati, a terra. Abitavano in via Azolino HAzon, a Brancaccio.
La ricostruzione di quella mattinata parla di una lite degenerata in tragedia. Tra le due parti sarebbero infatti volate parole grosse, fino ad arrivare alle mani. Una lite che si sarebbe svolta in due tempi, fino a quando un’auto con a bordo tre uomini avrebbe sbarrato la strada a Chiovaro e Lupo. I tre furono indicati da Nuccio come i Cinà, che finirono sotto inchiesta.