Dal momento in cui sabato le porte del carcere si sono chiuse dietro le spalle di Cuffaro, è cominciato il pellegrinaggio degli amici al capezzale dell’ex presidente della Regione Siciliana. Il primo a raccogliere il suo sfogo da dietro le sbarre è stato ieri il senatore del Pdl Luigi Compagna; oggi toccherà all’amico di sempre Calogero Mannino, domani sarà la volta del leader del Pid Saverio Romano.
Una lenta processione, fisica e concreta, accompagnata all’esterno del carcere dalla pioggia di dichiarazioni rilasciate dagli esponenti dell’intero panorama politico nazionale. Da destra a sinistra, quasi tutti hanno voluto esprimere il proprio personale punto di vista sulla vicenda. Alcuni commentando la sentenza, altri l’atteggiamento mantenuto da Cuffaro dopo l’abbattimento di questa “mannaia”.
Quasi tutti. E in una politica sempre più urlata e chiassosa, è questo “quasi” che rischia di far più male. Desta infatti grande scalpore, o forse no, la linea di silenzio adottata da quelli che un tempo facevano parte della squadra di Cuffaro a palazzo d’Orleans.
Nessuno, a cominciare Francesco Cascio che di quel governo fu vicepresidente, ha speso una parola per l’ex governatore decaduto. Come Cascio, anche il futurista Fabio Granata, attuale vicepresidente della Commissione parlamentare Antimafia, non ha commentato la sorte di chi nel 2004 gli affidò l’assessorato al Turismo.
A questa logica del silenzio si sono uniformati anche il sindaco di Catania Raffaele Stancanelli, che con Cuffaro fu assessore regionale alla Famiglia, e il senatore Giovanni Pistorio già assessore alla Sanità. Insieme a loro, a “dormire sulla collina”, sono anche l’ex assessore ai Lavori Pubblici Mario Parlavecchio, e i due pidiellini Castiglione e Leontini che si succedettero sulla poltrona dell’assessorato all’Agricoltura. Tutti uniti in un assordante silenzio.