PATERNO’. Un fenomeno di vulcanismo secondario senza uguali. Messe, da sempre, in correlazione con l’attività dell’Etna: o, meglio, capaci di “predire” in anticipo una eventuale eruzione dell’Etna. Sono le storiche Salinelle di Paternò. Piccoli vulcanetti dalle cui viscere ribolle gas che va a mescolarsi al fango. Di recente una nuova bocca si è affacciata direttamente in strada: fuori dal recinto che delimita il perimetro dell’area si è aperta una fenditura che, squarciando l’asfalto, si è affacciata sgorgando acqua che ribolle in superficie. Nelle fasi di silenzio dell’Etna, vedere “in azione” le Salinelle significa essere certi che da lì a poche settimane, il vulcano riprenderà la sua attività. E’ stato così anche l’anno scorso quando l’Etna è tornata a farsi risentire.
E quello delle Salinelle costituisce senza alcun dubbio un patrimonio naturalistico che da secoli viene studiato da ricercatori e curiosi. Circa due anni or sono il Ministero all’Ambiente le ha inserite nella speciale lista del patrimonio da tutelare e preservare. Peccato, però, che da allora poco o nulla sia cambiato: le Salinelle versano infatti in uno stato pietoso. Abbandonate all’incuria tra montagne di rifiuti e senza una programmazione che possa rilanciarle. Qui la gente viene a gettare i propri rifiuti quasi in modo automatico e naturale creando discariche a cielo aperto che distruggono (non solo visivamente) uno scrigno naturalistico che, davvero, non ha pari.
Intanto, l’attività prosegue: tanto quella delle Salinelle quanto quella dell’Etna. Prosegue in tutta la sua energia, in tutto il suo spettacolo.