Fabiola, sorrisi dopo il trapianto | "La vita è bella e dico grazie" - Live Sicilia

Fabiola, sorrisi dopo il trapianto | “La vita è bella e dico grazie”

Fabiola (al centro) con Salvo e mamma angela

Le storie dei lettori. Fabiola e un cammino difficile. Che si è sciolto con un sorriso dopo il dolore.

PALERMO- Fabiola ora dice che è rinata, ma ancora non sa quante persone aiuterà a rinascere con la sua speranza. Chi ha mantenuto il sorriso, nonostante il dolore, indossa da sempre l’abito leggero della felicità, anche nei giorni di pioggia.

Tavolino di un bar, in periferia, perché, quando spunta una storia da ascoltare, non c’è niente di meglio di un caffè per infrangere quel po’ di ghiaccio che immancabilmente divarica le attese degli sconosciuti. Fabiola Mannino, venticinque anni, comincia: “Tra un po’ cercherò di nuovo lavoro”. E il sorriso esplode in bianchissimi coriandoli.

Il cammino di una ragazza mai rassegnata al male era stato anticipato da sua madre, Angela, in un messaggio inviato a LiveSicilia.it: “Salve, vi volevo raccontare di mia figlia, colpita da quando aveva nove mesi da un infezione ai reni”. Ora che il peggio è alle spalle, si può conoscere il resto, perché una città si svela anche così, nelle biografie e nei destini di chi la attraversa. Fabiola non vuole dimenticare, pure lei vuole raccontare tutto. Perché, Fabiola? “Perché la vita è bella e voglio gridare questa notizia”.

Dunque, tra un po’ l’avvio della normalità. La ricerca di un’occupazione, una vita di coppia da innamorati senza amarezze, il calore di una famiglia che – spiega lei – è stata nido e protezione. La ragazza dal sorriso di coriandoli ha lottato per anni contro la sua patologia, negli entra-ed-esci dall’ospedale, con la dialisi, con l’abnegazione e con il coraggio che ha preso e dato.

“Sai – dice – sulle malattie c’è molta ignoranza in genere. Le persone non le conoscono, ne hanno paura. Quasi nessuno sa che cos’è la dialisi se non l’ha provata. Io ho cercato di incoraggiare gli altri per fare coraggio a me stessa. Avevo solo nove mesi… Quando ero piccola, a scuola, non dicevo che ero malata e che avevo un problema ai reni. I miei compagni pensavano che andassi in vacanza per tre giorni a settimana”. Qualche anno fa, un primo trapianto. Cesare, fratello di Fabiola, è compatibile al cento per cento per la donazione. A casa se ne parla, si discute e si decide.

“Ero appena diciannovenne – racconta Fabiola -. Quattro anni dopo c’è stato il rigetto. Io non l’accettavo. E’ una cosa difficile da superare. Può succedere e c’è forse una responsabilità mia che l’ho presa un po’ così. Sai, con una malattia si deve convivere. La domanda di ogni giorno è: perché proprio a me? Poi però pensi: e perché a un’altra persona?”. Nel frattempo, mamma Angela e Salvo, il fidanzato che accompagnano caffè e narrazione, scrutano il viso di colei che parla e sui loro volti, in contemporanea, passa il film di tutto ciò che hanno patito e sperato. Papà Giuseppe è al lavoro.

La seconda occasione, all’ospedale San Martino di Genova. “Avevo paura – racconta Fabiola -. Avevo giù subito il trauma, il dolore, il disagio fisico del post intervento. Ero stata a letto per una settimana. Tutto mi sembrava così complicato. E poi pensavo a Genova, un altro mondo, un’altra città, alla mia famiglia sballottata… mi sentivo in colpa”.

Ma la scelta si rende obbligatoria. Trapianto il tredici giugno, poco più di quattro mesi. “Il donatore è un uomo di circa cinquant’anni, deceduto, Non sappiamo di più”, interviene Angela. Riannoda il filo Fabiola: “Certe volte me lo sono chiesto se vorrei incontrare quella famiglia. Quello che per me è vita per loro è un lutto trasformato in generosità. Sono grata, sì, mi piacerebbe, ma si deve rispettare la loro volontà”.

Perché hai raccontato la tua storia, Fabiola? Perché hai voluto prendere questo caffè in una giornata che ha ancora l’estate nel suo cuore, seppure inizia a rimpiangerla, già incerta nel meteo? “Perché voglio dire a tutti che ne è valsa la pena e che ne vale sempre la pena, che la vita è bella, piangersi addosso non serve. La vita è bellissima, sì. C’è sempre la speranza di una rinascita”. E se hai capito questo a venticinque anni, il vestito della felicità che indossi nessuno te lo toglierà più.

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