TRAPANI – Nel 2012 si era lasciato alle spalle il portone di Palazzo d’Alì per vivere cinque anni da deputato regionale all’Ars, ma per i trapanesi è sempre rimasto ‘u sinnacu’. La prima stretta di mano della giornata arriva quando la lancetta dell’orologio ha superato da poco le otto e per le stradine del centro storico girano poche persone: Mimmo Fazio è appena uscito di casa e fa rotta verso la storica caffetteria ‘Piccadilly’: “Come va? Potrebbe andare meglio ma andiamo avanti”, è la risposta che verrà ripetuta almeno una ventina di volte nel corso della giornata. ‘U sinnacu’ è tornato in campagna elettorale: sedici giorni trascorsi ai domiciliari, poi la revoca del provvedimento da parte del gip di Trapani e la ripresa di una corsa “che inevitabilmente – sostiene – ha subito un pesante contraccolpo”. Le accuse di corruzione e di aver esercitato un pressing illecito sugli uffici della Regione affinché favorisse la Liberty Lines di Vittorio ed Ettore Morace sono ancora in piedi ma Fazio è tornato libero: “Un giorno scriverò un libro su tutta questa vicenda, ma adesso voglio ripulirmi da tutto il fango che mi è stato buttato addosso”.
Le accuse della dirigente regionale Dorotea Piazza, i fondi per il trasporto marittimo, le rivendicazioni di Ettore Morace nei confronti della Regione: è tutto “ben presente” nella mente dell’ex sindaco, che intende rispondere “punto su punto” alle accuse mosse dai magistrati che hanno messo in piedi l’inchiesta ‘Mare Monstrum’, ma non interessano a quei pescatori che da mesi non hanno più un mercato in cui vendere il pesce e sono costretti ad arrangiarsi a bordo delle loro imbarcazioni. A marzo il Comune ha chiuso la struttura di via Cristoforo Colombo e nella vicina piazza Scalo d’Alaggio è scattata la protesta dopo il blitz sui requisiti igienico-sanitari messo in atto dalle forze dell’ordine. Attorno a Fazio si forma un capannello di una cinquantina di pescatori: sono gli stessi che anni addietro si scagliarono contro lo stesso sindaco che li aveva costretti ad abbandonare l’antica piazza del Mercato del pesce, ormai parte integrante di un centro storico recuperato con i fasti della Louis Vuitton Cup, e che oggi chiedono una interlocuzione con il Comune. “L’indagine? Non ci interessano queste cose – risponde uno di loro in rigoroso dialetto trapanese -, qua c’è un problema troppo grosso da risolvere. Ci vuole ‘u sinnacu’”.
Palazzo d’Alì non è lontano ma nella mente dei trapanesi la distanza con l’attuale primo cittadino, Vito Damiano, è tanta. I cattivi rapporti con l’ex generale dei carabinieri sono l’unico elemento che accomuna Fazio e il suo avversario nell’alveo del centrodestra: Antonio D’Alì. Entrambi hanno voluto Damiano cinque anni fa alla guida del Comune ed entrambi hanno litigato con l’attuale sindaco: “Ma io ho rotto subito, il senatore soltanto da poco”, ricorda Fazio. D’Alì e Fazio, amici di un tempo in cui Forza Italia faceva il pieno di voti e Trapani era la città “più azzurra d’Italia”, e ora nemici. I due si sono sostanzialmente ignorati per tutta la campagna elettorale: “A D’Alì, in termini politici, riconosco una grande capacità strategica ma non sarà mai un buon amministratore”, afferma Fazio che lancia una stoccata anche al Movimento cinque stelle: “Se dovessero vincere assisterò al disastro della loro amministrazione”.
Il tragitto di ritorno in corso Vittorio Emanuele, prima della tappa nel quartier generale di via Virgilio, scorre tra strette di mano e sorrisi ma l’inchiesta pesa sulle spalle di Fazio che non nasconde l’amarezza: “Sfido chiunque a trovare un solo atto da me messo in campo per favorire Liberty Lines. Sono stato trattato come il peggiore dei criminali, come se fossi un latitante. La Mercedes dei Morace? La mia Alfa era ferma per un guasto, Ettore mi disse che potevo utilizzare quell’auto e io l’avrò fatto per non più di tre o quattro volte”. Nel carnet delle accuse anche la ristrutturazione di una abitazione a spese dei Morace, che avevano in Fazio anche un prezioso consulente legale: “Ammetto di aver commesso delle leggerezze ma non sono un corrotto – si difende -. Il mio interessamento per Liberty Lines? L’azienda era esposta perché i fondi che le spettavano non venivano erogati e io, nel mio ruolo da deputato, non potevo permettere che trecento persone del mio territorio finissero in mezzo alla strada. Forse avrò commesso delle leggerezze nello svolgimento del mio ruolo ma un deputato si preoccupa dell’economia del proprio territorio, altrimenti è un buono a nulla”.
Parole che risuonano mentre il giovane Francesco Salone, che ha tenuto botta nei giorni degli arresti domiciliari prendendo in mano le redini di un gruppo che rischiava di sfilacciarsi sotto il peso delle accuse, lo accompagna per un giro “di saluto” ai dipendenti comunali. Funzionari o semplici uscieri che per due mandati hanno conosciuto Fazio in veste di sindaco. Qualcuno si limita alla stretta di mano, altri si spingono oltre auspicando il ritorno del sindaco che aveva dichiarato guerra ai fannulloni. “Mi accusano di essermi occupato soltanto di queste piccole cose? Non sanno cos’era Trapani prima del mio arrivo. Ai trapanesi prometto prima di tutto la ‘normalità’ di un ufficio funzionante o di una città pulita. L’indagine? Se verrò condannato da un giudice farò cento passi indietro, non uno solo. Ma dovranno dimostrarmi che sono un corrotto”.
Intanto, la campagna elettorale prosegue a ritmi altissimi. Fazio e i suoi devono rimettere in moto quell’orologio fermo al 19 maggio: “Quella mattina mi è caduto il mondo addosso – ammette Salone, in lista per una riconferma in consiglio comunale -. Andare avanti in campagna elettorale senza il proprio leader non è facile e sono sicuro che se non fosse accaduto nulla di tutto questo Mimmo avrebbe vinto al primo turno”. Giorni trascorsi con un candidato sindaco ‘fantasma’, in cui le cinque liste che sostengono Fazio hanno subito qualche disimpegno fisiologico e in cui la stessa candidatura è stata in bilico: “La prima reazione è stata quella di mollare tutto – ricorda Fazio -. Ho pensato al ritiro, ma col tempo ho capito che la decisione finale spettava ai trapanesi. Mi dicano loro cosa fare”.