Fiumi di cocaina a Catania |I carichi affidati a insospettabili - Live Sicilia

Fiumi di cocaina a Catania |I carichi affidati a insospettabili

Serrate le indagini della polizia dopo i due maxi sequestri. La Squadra Mobile sta lavorando su due fronti: ricostruire i possibili legami con i clan mafiosi catanesi e i canali di rifornimento.

il traffico di droga
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CATANIA – La polizia scientifica sta analizzando la “polvere” bianca sequestrata dalla Squadra Mobile in due operazioni che hanno portato nella prima settimana di Agosto a mettere “in cassaforte” oltre 15 chilogrammi di cocaina. Le analisi potranno fornire input per le due inchieste a cui stanno lavorando gli uomini della Narcotici diretti da Antonio Salvago. Le direttrici di indagine sono due: rintracciare i “committenti” e quindi i gruppi di trafficanti che hanno ordinanto il carico e sull’altro fronte ricostruire il canale di rifornimento. In via Ventimiglia, però, le bocche restano cucite sugli esiti raggiunti.

Le due operazioni della sezione Antidroga della Squadra Mobile hanno avuto un denominatore comune: il carico di droga era nelle mani di persone “insospettabili”. Un pensionato di Floridia e un camionista di Lecce (senza precedenti penali) sono stati ingaggiati dai trafficanti per trasportare il prezioso “stupefacente”. Un metodo, forse, per depistare la polizia impegnata nei vari controlli in autostrada e al varco dei traghetti di Messina. Al momento solo ipotesi: saranno le indagini a capire se c’è una strategia dei trafficanti e dei gruppi criminali dietro “l’ingaggio” di Sebastiano Adorno, un anno per spegnere 70 candeline, e Bruno Palese, classe 1964.

Sull’arresto del pensionato siracusano l’indagine della Squadra Mobile era già ben avviata. I poliziotti sono andati a colpo sicuro: sapevano che sarebbe arrivato un uomo brizzolato alla guida di una Passat carica di cocaina al porto di Messina. E’ stato predisposto l’appostamento e appena gli agenti hanno visto scendere dal traghetto la Volkswagen hanno bloccato l’auto. Il siracusano ha farfugliato alle domande degli investigatori che lo hanno accompagnato negli uffici della Squadra Mobile. Negli sportelli della macchina, smantellata dai poliziotti, erano stati nascosti i quattro panetti di droga: 4 chili e 700 grammi di cocaina che avrebbe fruttato quasi 700 mila euro.

Interessante spunto investigativo è anche il logo con cui è stata “marchiata” la polvere bianca: l’operazione Bisonte di qualche anno fa ha dimostrato come alcuni fornitori “mettano il timbro” sulla cocaina. Una sorta di firma dei trafficanti. Anche lo scorso febbraio la Squadra Mobile si è trovata davanti a una “mattonella” bianca marchiata a fuoco. All’epoca Salvago aveva assicurato che si “stavano svolgendo accertamenti per capire se il marchio poteva dare utili indicazioni”. E anche in questo caso “il logo” potrebbe aprire una strada per identificare i fornitori di droga. Una cosa certa è che la cocaina affidata al pensionato arrivava da Napoli. Un asse della droga che sembrava essersi depotenziato in favore della Calabria, ma il sequestro dimostra ancora “contatti” floridi tra i campani e gli spacciatori catanesi.

Sconosciuta, invece, sarebbe la fonte di approvvigionamento degli undici chili trovati in un pannello posteriore del Fiat Ducato bianco guidato dall’autotrasportatore leccese bloccato in Tangenziale. “Stiamo verificando eventuali collegamenti con la criminalità pugliese – ha spiegato il dirigente Antonio Salvago il giorno dopo il sequestro – ma anche con i gruppi calabresi e campani dove è più frequente l’approviggionamento da parte dei clan catanesi”. Se fosse appurato un diretto collegamento con le organizzazioni criminali della Puglia significherebbe che si sarebbe aperta una nuova rotta della cocaina: dalla Sicilia Orientale alla regione del tacco d’Italia. Dalla Puglia, infatti, sono arrivati in passato prevalentemente carichi di marijuana sbarcati nei porti dell’Adriatico provenienti dall’Albania.

Impensabile (o quasi) che dietro a queste spedizioni non ci sia la mafia. Undici chili di cocaina costano oltre 500 mila euro. Una somma del genere è nelle casse di organizzazioni mafiose o di gruppi che hanno ricchi “finanziatori” disposti a investire nei traffichi illeciti per avere guadagni veloci. Il carico, una volta arrivato a destinazione –  secondo i calcoli della polizia – avrebbe fruttato 3 milioni di euro. Sei volte, dunque, “l’investimento” iniziale. Dei proventi una fetta spetta al corriere: una porzione sicuramente consistente per convincere degli insospettabili a rischiare la galera.


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