Il flop delle Province | Si pensa alla marcia indietro - Live Sicilia

Il flop delle Province | Si pensa alla marcia indietro

I Comuni hanno scelto di non segliere: scaduti oggi i termini per il trasloco dal vecchio al nuovo ente e i casi sono pochissimi. Intanto è ancora caos sul trasferimento delle funzioni. E anche i fedelissimi di Crocetta dicono: "Abbiamo fallito, applichiamo la legge nazionale e non ne parliamo più".

PALERMO – “Venerdì la legge è pronta”. È l’ultimo annuncio. Lanciato in un’infuocata Sala d’Ercole, pochi giorni fa. L’ennesimo annuncio, tirato fuori da 101 minuti di “complesso” intervento di fronte ai deputati. Venerdì il ddl sulle Province sarà pronto, secondo il presidente della Regione. Ma in tanti, ormai, hanno smesso si sperare. Hanno smesso di credere alla portata rivoluzionaria di quella riforma. E non si tratta dei soliti grillini colpevoli di tutto, anche dei ritardi del governo. E nemmeno dei cattivoni del centrodestra nostalgici per il passato e contrari a ogni epocale mutamento.

A chiedere al presidente di “smetterla di giocare” sono gli stessi fedelissimi, ormai. Che invitano il governatore a mettere da parte velleità fuori misura e ad accontentarsi di “ripiegare” sull’esempio di chi le riforme le ha già fatte. “Limitiamoci ad applicare la riforma Delrio, e chiudiamola qua” chiedono esponenti della maggioranza di Crocetta.

Oggi, intanto, la prima fotografia di un flop ampiamente annunciato. È il giorno della scadenza per la presentazione, da parte dei Comuni, delle delibere con le quali richiedere il referendum. Referendum che è condizione necessaria per formalizzare la fuoriuscita da un Libero consorzio e l’adesione a un altro. E proprio quella consultazione popolare al presidente che poggia la sua autorità proprio sul fatto di essere stato “votato dal popolo”, non piace poi tanto. “I grillini hanno voluto inserire nella norma il referendum, bloccando tutto” ha protestato a Sala d’Ercole. Era stato proprio il Movimento cinque stelle, con un suo emendamento alla norma sullo scioglimento delle Province, a inserire la consultazione popolare come passo necessario per la fuoriuscita e l’adesione a un concorso.

Ma con quelle parole, il presidente toglieva un po’ il velo dalla riforma. Nella formazione dei “Liberi consorzi”, i Comuni si sono sentiti liberi di lasciare tutto com’è. A parte le quattro eccezioni di Termini Imerese e Acireale (ma in quel caso, fuoriuscendo dalla città metropolitana non era necessario il referendum), Gela (dove il primo tentativo di consultazione popolare è già fallito) e Piazza Armerina, ed esclusa qualche novità dell’ultima ora, nessuno ha sentito il bisogno di “spostarsi”.

Così, adesso, in vista della fase più delicata, quella cioè che riguarda l’attribuzione delle competenze ai nuovi enti (che sono stati recentemente “caricati” pure dell’onere di gestire la Formazione professionale siciliana), sono in tanti a chiedere: “Limitiamoci ad applicare il decreto Delrio e chiudiamola qua”. E in molti casi, si tratta di alcuni fedelissimi del governatore. Ad esempio il parlamentare dei Pdr, Michele Cimino, ha detto apertamente: “Non può non essere condiviso l`appello accorato di moltissimi sindaci all’indirizzo del governo regionale e delle forze politiche, affinché si proceda con urgenza al recepimento della cosiddetta legge Delrio, dal momento che già nelle regioni a statuto ordinario risulta avviato quel processo di riorganizzazione territoriale. La legge regionale che ha istituito i Liberi Consorzi comunali e le città metropolitane, – ecco poi la carezza al governo ‘amico’ – non può che rappresentare l`inizio di un percorso per un nuovo”.

Ancora più chiari i concetti espressi dal capogruppo di Articolo 4, Luca Sammartino: “Con le Province abbiamo fallito: non ha senso proporre riforme che non siamo capaci di portare a termine. Applichiamo da subito il decreto Delrio”. Sulla stessa linea, ovviamente, l’altro deputato di Articolo 4, Totò Lentini: “Con le Province, siamo partiti per primi – ha detto – e forse arriveremo per ultimi”.

Una ricostruzione non condivisa, ovviamente, dall’assessore alla Funzione pubblica: “Non capisco – ha detto Patrizia Valenti – di quale ritardo si parli ogni volta. La legge approvata dall’Ars dispone anche la tempistica delle cose da fare. I Comuni che hanno presentato la delibera per il referendum hanno 60 giorni di tempo per compiere la consultazione. Dopo quella data, potremo discutere anche il ddl unico che prevede oltre ai nuovi confini anche le nuove competenze delle Province. E su questo piano ci stiamo costantemente confrontando col governo centrale”.

Ma cosa stabilisce il tanto “richiesto” decreto Delrio? In estrema sintesi, il decreto prevede il mantenimento delle Province, per le quali però verranno ridefiniti compiti e funzioni. Ma, come del resto previsto anche dalla norma regionale sui Liberi consorzi, l’ente cesserà di essere un organo elettivo: a fare parte delle nuove giunte provinciali e dei nuovi consigli, infatti, sarebbero i sindaci, gli assessori o i consiglieri eletti dei Comuni che appartengono al territorio sotto cui la giurisdizione della provincia rimane. Gli stessi non precepirebbero alcuna indennità. Gli organi quindi verranno scelti attraverso le cosiddette elezioni di “secondo livello”. Il presidente, sarà il sindaco del comune capoluogo; l’assemblea dei sindaci raggrupperà tutti i primi cittadini del circondario, il consiglio provinciale, sarà formato da 10 a 16 membri scelti tra gli amministratori municipali del territorio. Sul fronte delle competenze, la più importante funzione in capo alle Province sarà quella relativa all’edilizia scolastica oltre a quella riguardante le pari opportunità. Mentre su trasporti, ambiente e mobilità gli enti avranno il compito della  pianificazione.

Ma la semplice e totale applicazione del Delrio non piace a molte aree di Sala d’Ercole. All’opposizione, in particolare. “Ormai è chiaro a tutti, – ha detto Nello Musumeci – il governo Crocetta si è rivelato incapace di riformare le Province. Lancio un appello al parlamento: prepariamo noi in due settimane una legge di sintesi, che prevede però l’elezione diretta del presidente del Consorzio e del presidente dell’Area metropolitana”. Se l’appello verrà accolto o meno, nessuno può dirlo. Una cosa però è certa: la storica riforma approvata nel marzo scorso, fissava il termine per il mantenimento dei commissari al 31 ottobre prossimo. Mentre l’approvazione della “vera” legge, quella sul trasferimento di competenze e funzioni, appare lontana. Così ecco una nuova proroga in vista per commissari. La durata verà decisa dal governo e da Sala d’Ercole. E prolungherà ulteriormente un commissariamento che va avanti già da un anno e mezzo. Nonostante l’ultimo annuncio del governatore: “Venerdì la legge è pronta”. Ma potrebbe essere troppo tardi. E tanti, anche tra i suoi fedelissimi, non ci crede più.


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