Gestivano quelli che percepivano il reddito in attesa di un lavoro. Loro, invece, il lavoro, lo avevano trovato. O almeno credevano o si illudevano di averlo agguantato. Storie di Navigator ormai alla deriva. Storie di giovani, formati e impiegati nell’orientamento dei senzalavoro, ora precipitati al pari degli altri nel limbo di un’attesa incerta. Alcuni hanno ricevuto la Discoll, disoccupazione collaboratori, ma finirà a breve. Altri con master e laurea si sono ricollocati in altri enti, altri ancora hanno ripreso la libera professione.
Le testimonianze degli ex navigator
Enrico Di Martino, 32 anni, avvocato originario di Niscemi, ora tornato alla sua professione, ha lavorato nel suo comune spostandosi poi in tutta la provincia di Caltanissetta, da Gela a Butera, da Mazzarino a Riesi.
Gestiva e orientava i percettori del reddito di cittadinanza dalla sua scrivania al centro per l’impiego. “Siamo stati il primo investimento, un esperimento seppure embrionale in materia di politiche attive”. Per lui non solo un modo come un altro per sbarcare il lunario ma, sostiene con orgoglio, una sorta di lavoro in frontiera: “Abbiamo avuto a che fare con gente che non aveva ancora concluso il ciclo della scuola dell’obbligo e abbiamo dato loro un aiuto concreto”.
Di Martino: “La domanda di lavoro c’è ma mancano le figure”
Depositari, lui come gli altri navigator, di un investimento sociale e osservatori privilegiati delle dinamiche del mercato. “La domanda di lavoro c’è – spiega a LiveSicilia– ma mancano le figure, la formazione tecnica non è adeguata e le retribuzioni sono talmente basse da rendere preferibile ai beneficiari del Rdc restare a casa. Ci siamo confrontati con la piaga del lavoro nero, io ho fatto almeno una cinquantina di offerte, molte non occupabili ma ho anche ottenuto due contratti a tempo indeterminato in una carrozzeria. In certe occasioni erano i beneficiari a non presentarsi ma accadeva anche che il datore di lavoro ritirasse l’offerta. E c’è una fetta di popolazione che senza sussidio non riesce a vivere”.
Enrico Di Martino rivendica la qualità del proprio lavoro auspicando che non venga dispersa: “Dopo anni di silenzio sul tema sembrava che si volesse invertire la rotta. Oggi il governo vuole affidare tutto alle agenzie per il lavoro (Apl). Ma noi eravamo qualcosa di diverso e agivamo in profondità: arrivavamo alle piccole e medie imprese. Lo Stato ha deciso di non utilizzare queste risorse dopo 38 mesi, uno spreco: potevamo ancora essere utili”.
Il reddito di cittadinanza non ha raggiunto lo scopo: ecco perché
Anche per questo quella del Rdc è una sorta di rivoluzione interrotta: “Non ha raggiunto lo scopo perché sono venuti meno gli strumenti che potevano sostenere le politiche attive sul lavoro. Molti neet che avevano abbandonato la scuola dopo la terza media li si doveva sostenere con corsi di formazione. All’inizio tutti parlavano di rafforzamento dei Centri per l’Impiego. Ma ad oggi, i dati sono scoraggianti: dopo l’annullamento della Regione del concorso per diplomati, solo 161 vincitori della categoria D (laureati), tra cui alcuni ex navigator, prenderanno servizio a maggio”. In attesa, sono fermi da parecchio tempo mentre i CpI non hanno le risorse umane” per far fronte alle richieste di supporto.
Lo Vullo: “Non mi sono mai risparmiata”
Anche Rosella Lo Vullo, psicologa di 56 anni, due figlie, ha lavorato per Anpal servizi di Gela per quasi tre anni. “Avevo – dice – un contratto di collaborazione coordinata e continuativa. Ho dedicata tutta me stessa a questo lavoro. Adesso, con fatica, sto riprendendo la libera professione”. Ma si sente e resta una precaria. “È triste che in Italia nonostante la laurea, i corsi di formazione, le specializzazioni ci troviamo così”.
Come Di Martino, Rosella Lo Vullo spera nella ricollocazione e segue l’evolversi del confronto tra il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon e i sindacati.
Dell’attività svolta conserva l’esperienza umana: “Con i beneficiari si era creato un rapporto bellissimo fondato su stima e fiducia. Conservo decine di messaggi, con qualcuno mi sento ancora. Ad alcuni siamo riusciti ad offrire un’opportunità ma anche stimolare tanti a formarsi, per esempio, conseguendo la licenza media, per inseguire altre occasioni è un fattore positivo. E durante la pandemia, pur lavorando online siamo stati un punto di riferimento”. E questo nonostante un clima non proprio favorevole, contrassegnato da dubbi sull’effettiva efficacia del loro lavoro.
“Mensilmente dovevamo rendicontare il nostro lavoro ad Anpal servizi. Non mi sono mai risparmiata neanche il sabato e la domenica. Ho preso in carico 300 persone e se i contratti non si concludevano positivamente non è certo colpa dei navigator. Anche la Corte dei conti ha certificato che il risultato c’è stato”.
Rosella Lo Vullo difende la bontà degli obiettivi, pur riconoscendo che occorrevano tempo e aggiustamenti: “Si stava facendo qualcosa di rivoluzionario e se solo ci avessero fatto continuare a lavorare risultati maggiori sarebbero arrivati nel giro di due anni. Certo, bisognava cambiare alcune cose. Le piattaforme di lavoro tra le varie regioni non dialogano con quelle dell’Inps, ad esempio”.
Di Stefano (ex navigator): “Sono precario da quando ho 13 anni”
Gaspare Di Stefano, ex navigator, due figli, ha lavorato al CpI di Piazza Armerina, a Enna. Precario da sempre, non nasconde la propria delusione: “Ho avuto rapporti con oltre 200 imprese e altrettanti beneficiari. Ho lavorato a incrociare domande e offerte, ma adesso torno a essere precario, una condizione che pesa quando hai oltre 50 anni e che la vigilia della festa del lavoro rende più triste”.
La sua è una storia di fatica e studio: “Sono figlio di operai poveri del Trapanese. Mi sono pagato gli studi lavorando, il primo lavoro a 13 anni come benzinaio in nero”.
Come per altri, quella del navigator avrebbe potuto essere una prospettiva di stabilità: “Ci erano state date queste assicurazioni. Abbiamo lavorato per una società in house, direttamente controllata, vigilata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e invece tutto sembra essere svanito e con la speranza di un impiego stabile nel settore Pubblico anche la formazione e l’esperienza maturata. In Italia in questo settore pubblico lavorano 12, 13 mila persone. In Germania gli operatori sono più di 100 mila e in Francia 50 mila, sarà anche per questo che le politiche attive del lavoro qui non funzionano. La Sicilia avrebbe dovuto assumere 1246 persone all’interno dei centri per l’impiego. Poi è scesa a 1024 e ne coprirà soltanto 648 (se non verrà annullato definitivamente il concorso). Mi pare evidente che su questi temi pesino precise scelte politiche”.
Gugliotta: “La formazione che ho ricevuto è andata sprecata”
Valerio Gugliotta, 35 anni, ex navigator, da Anpal, è passato, per concorso in un ente locale. “Prima mi occupavo di politiche attive del lavoro. Ho gestito 200 persone. Ora mi occupo di contabilità. La formazione che ho ricevuto è andata sprecata. Abbiamo svolto un ruolo di orientamento importante. Abbiamo scontato le disfunzioni legate alla gestione affidata alle singole regioni che non comunicano tra loro”.
Per Gugliotta “serviva una cabina di regia a livello centrale ministeriale, insomma. Considerato anche che noi eravamo assunti da Anpal, ovvero un’agenzia ministeriale. ‘Privarsi’ di noi significa lasciare la gestione delle Politiche attive solo alle Regione con il rischio che aumentino le disomogeneità nell’erogazione dei servizi tra i vari territori. Non era sbagliato lo strumento ma era gestito male”.