Laurea in lingue e letterature straniere, grande esperienza in europrogettazione, lungo volontariato tra i fondatori del Centro di accoglienza degli immigrati Astalli di Palermo. Nicoletta Purpura, classe 1971, è la prima donna e la prima laica a dirigere l’Istituto di Formazione politica Pedro Arrupe creato a Palermo dai gesuiti nel 1986. Sia neolaureati sia i già inseriti nel lavoro possono frequentare master e corsi di specializzazione secondo proposte formative senza dottorati e con studi mirati a conoscenze in settori ben definiti.
Come ci si sente a ricoprire lo stesso ruolo di Bartolomeo Sorge, per il quale la vera politica, quella con la P maiuscola, nasce da una democrazia partecipativa in cui ognuno persegue il bene comune?
“E’ una grossa responsabilità se ci si confronta con l’esperienza e la figura di Padre Sorge che mi ha preceduta. Agisco nella prospettiva diversa di una donna che ha anche una famiglia e vive la quotidianità e il servizio prestato all’Arrupe come una persona qualunque”.
Leonardo Sciascia scriveva: “Cos’è la nostra vita? La tua e la mia? Un sogno fatto in Sicilia. Forse stiamo ancora lì e stiamo sognando”. Il suo sogno nel cassetto…
“Che finalmente i siciliani possano essere orgogliosi della loro terra per mentalità, rispetto delle regole e capacità imprenditoriale”.
Si crede ancora nelle ideologie oppure si fa politica nella convinzione che sia un’allettante opportunità di guadagnare e mettersi in mostra?
“E’ sicuramente un’alternativa alla disoccupazione e la possibilità di “sistemarsi”, tranne poi cedere alla tentazione di passare da una bandiera all’altra. Oggi si vota più per la persona che per il partito e diciamo pure che pochi scelgono la politica spinti dalla passione per il bene comune. Si può fare politica pure impegnandosi nel volontariato e partecipando alla cosa pubblica consapevoli che ogni nostro atto, anche da semplici cittadini ricade sulla collettività e, pertanto, va compiuto con amore e spirito di servizio”.
La sostenuta mancanza di ideologie apre le porte al populismo?
Sì. In questo momento sembra prevalere il voto di protesta antisistema che vuole cambiare tutto o quasi tutto senza capire che c’è il rischio di mettersi in mani peggiori.
La Sicilia in due aggettivi?
“E’ una terra che ti sa dare tanto e anche togliere tanto. Direi meravigliosa e controversa”.
Quali i principali obiettivi dell’Istituto Arrupe?
“Cerchiamo di mettere a sistema le attività nel perseguimento delle nostre finalità: cinque borse di studio da 10.000 dollari finanziate dalla Tokyo Foundation nell’ambito del programma idea-azione dedicate a temi sociali fondamentali: migrazioni, periferie, questione abitativa, Neets, disoccupazione over 50. Organizziamo laboratori di cittadinanza attiva e mediazione comunitaria con particolare attenzione ai quartieri di Palermo più degradati, Zen, Danisinni, Ciaculli, Ballarò. E ancora, riflessione, sensibilizzazione, ricerca e azioni di advocacy attraverso il nostro Osservatorio Migrazioni, l’unico in Sicilia a pubblicare un rapporto annuale in collaborazione con ricercatori ed esperti di tutta l’isola. La nostra biblioteca che ha 50.701 unità bibliografiche è specializzata in scienze sociali con pubblicazioni introvabili nel resto del Sud Italia”.
Ricerca e studi. Quale dato significativo emerge dalla vostra attività?
“Emergenza Neets (not in Education, Employment or training), giovani che non hanno un impiego, non studiano né fanno formazione. La Sicilia è penultima in Italia prima della Calabria con 350.000 persone tra i 15 e i 29 anni a rischio di esclusione sociale. Il tasso qui è del 39,3%, la media nazionale pari al 25,7%. Il Piano garanzia giovani, nonostante le ingenti risorse impiegate, non è riuscito a raggiungere l’efficacia sperata e a aumentare sensibilmente l’occupabilità di questa categoria così fragile. Occorre ripensare la nuova programmazione con un’attenzione rinnovata ai target più distanti dal mercato del lavoro e una diversificazione della proposta”.
I venti di crisi allontanano dalle istituzioni: delusione, disinteresse, rassegnazione nell’immaginario collettivo. Come orientare i giovani perché s’impegnino nella partecipazione diretta alle questioni sociali?
“Attraverso progetti di legalità volti anche alla conoscenza della propria città. Accompagniamo i nostri studenti nei quartieri più difficili dove incontrano i loro coetanei e si confrontano con realtà diverse oppure conducono laboratori di cittadinanza attiva per valorizzare la creatività e il desiderio di partecipazione di chi è cresciuto nella marginalità. L’intento è di creare legami tra le aree più ricche e le più povere in una città come Palermo, ferita da tanti problemi ma pur sempre patrimonio comune per i ragazzi che devono avere tutti gli stessi diritti e doveri”.
La disaffezione per la politica, la Sicilia e le tante occasioni mancate: fondi europei non utilizzati, bandi mal gestiti, troppa burocrazia, tempi lunghi…
“Il male della nostra terra è il metodo con cui lavoriamo. Non bisogna agire in chiave emergenziale senza dedicare il tempo necessario a una vera programmazione degli interventi. La progettazione rischia di implodere se il monitoraggio delle cose da fare non è garantito e non si riesce a misurarne l’impatto sul sistema. Occorre pure avere ben chiaro sia gli obiettivi sia i destinatari e agire attraverso una visione condivisa con gli stakeholder”.
In passato si sono tenuti anche nell’isola molti corsi di formazione professionale. E ora, mentre infuriano inchieste giudiziarie e scandali?
“L’obiettivo della formazione professionale dovrebbe essere garantire l’occupazione o mantenere stabili i livelli occupazionali. E’ giusto ragionare in termini di sistemazione del settore da tempo in crisi avendo sempre come fine la garanzia del lavoro per i destinatari, giovani o adulti che siano”.
La Sicilia e le nuove realtà politiche come l’abolizione delle Province e la creazione delle aree metropolitane…
“E’ una bella sfida. Sicuramente occorre riorganizzare i servizi e cercare di innovare nella gestione amministrativa del territorio lavorando maggiormente sulla partecipazione attiva dei cittadini”.
La problematica connessa agli esodi dei migranti quali elementi di riflessione comporta?
“Dovremmo decidere una volta per tutte se i migranti sono un’opportunità o una minaccia, una risorsa o una vera e propria invasione. In termini numerici non è un’invasione perché il rapporto con la popolazione locale è sempre basso né lo è concettualmente visto che si tratta di persone che cercano umilmente di garantire una vita migliore a se stessi e alle loro famiglie svolgendo spesso lavori rifiutati dagli italiani. Il rapporto sulle migrazioni del 2016 dimostra che essi contribuiscono attivamente allo sviluppo del nostro territorio e che è cresciuto il numero di quelli tra loro che hanno aperto un’impresa. Dal 2011 al 2015 anche le attività artigiane in Sicilia in testa a immigrati sono aumentate dell’8,3″%.
Chi era davvero Pedro Arrupe?
“Un teologo spagnolo, missionario a Hiroshima durante e dopo l’esplosione della bomba nucleare, Superiore Generale della Compagnia di Gesù, fondatore del Jesuit Refugee Service il cui compito è accompagnare, servire e difendere i diritti dei rifugiati e degli sfollati. Impresse una svolta definitiva nella missione della Compagnia di Gesù come servizio della fede e promozione della giustizia con una grande attenzione agli ultimi e agli emarginati. Ecco perché il Centro porta con orgoglio il suo nome”.