Fortunato, Salvuccio, la rapina | E la maledizione dello Zen - Live Sicilia

Fortunato, Salvuccio, la rapina | E la maledizione dello Zen

Una storia di cronaca nera. Una rapina, come tante. Ma dietro c'è un dolore immenso. C'è il cuore di un ragazzo che correva dietro il suo pallone. C'è l'amore di un padre e di un figlio.

Il colpo allo Zen
di
2 min di lettura

PALERMOIl lancio d’agenzia che trascrive la notizia di quattro arresti per un colpo allo Zen dice poco a chi non sa tutta la storia: “La banda è entrata in azione il 6 settembre e ha tenuto sotto sequestro Fortunato Gebbia e la moglie. Ai coniugi la banda portò via soldi e oggetti di valore, tra cui ricordi del figlio morto”. Una rapina, dunque, come troppe ne accadono a Palermo. Un fatto di cronaca.

Chi ricorda la storia, sa che Fortunato Gebbia è l’ombra di un padre che, ogni mattina, porta fiori freschi sul luogo dell’incidente in cui il figlio morì, in via Mattei, tra il mare e la montagna di Mondello.

Il giovanissimo Salvuccio Gebbia – solo sedici anni – era un ragazzo in gamba. Giocava a calcio da campione. Era un tifoso dell’Inter. Una macchina lo prese in pieno, mentre si trovava sul motorino con la sua ragazza. E fu la fine della felicità. Salvuccio era la gioia dei suoi cari. Entrava a casa, ridendo. Diceva: “Sono io, il meglio”. E la madre gli rispondeva con un sorriso. E suo padre gli andava incontro, perché ogni volta era una festa.

Persona perbene, papà Fortunato. Grande lavoratore. L’esatto contrario del luogo comune razzista di chi pensa che allo Zen – dove la famiglia abita – siano tutti malacarne. Quando Salvuccio morì, lui raccontò al cronista: “Aspetto mio figlio ogni sera, come se dovesse tornare a casa. Lascio le luci accese, anche se so che non tornerà”.
E allora, mentre ricordi – se sai -, se conosci la storia, perché eri il cronista che raccolse quelle lacrime, pensi che deve esserci una specie di maledizione. Una condanna degli onesti. Un incantesimo nero sullo Zen che spalanca un lutto infinito.

Come una dannazione del bene che deve sempre finire male. E pensi a Fortunato. Ai fiori per suo figlio. A quel pallone incollato al cuore. Allo sguardo di Salvuccio, atteso invano ogni sera, sulla porta di una casa illuminata.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI