PALERMO – C’è anche Luigi Genovese tra i parlamentari regionali di Forza Italia che “certificano” la spaccatura all’interno del partito. “Il problema c’è, ed è innegabile. Ma chi ritiene che esista una connessione sostanziale con l’esito del voto emerso dalle Politiche – spiega – rischia di prendere un abbaglio, perché la radice di queste frizioni va rintracciata nelle prime settimane di gennaio, quando è emerso in tutta evidenza uno scollamento tra una parte del gruppo e i vertici regionali del partito”.
La maggior parte delle manifestazioni di solidarietà arrivate in queste ore per il coordinatore regionale di Forza Italia, Gianfranco Micciché, infatti, si concentrano sul buon risultato degli azzurri in Sicilia alle recenti Politiche, mentre, stando a quanto affermato oggi dal giovane Genovese e, da settimane, dai quattro “ribelli” – Marianna Caronia, Rosanna Cannata, Tommaso Calderone e Riccardo Gallo – il problema starebbe in “visioni distanti e distinte, esacerbate dall’incapacità di fare sintesi quando i primi focolai erano già esplosi”.
“Il dialogo – prosegue – è stato il grande assente di questo inizio legislatura all’interno di Forza Italia, perché un auspicabile processo di dialettica ‘interna’ è stato ucciso sul nascere dai personalismi e dall’ostinazione di chi, evidentemente, non aveva orecchie per ascoltare e occhi per vedere ciò che stava accadendo”.
Problemi di cui invece non c’è traccia nelle note a sostegno di Micciché inviate in queste ore dai “lealisti”, che si concentrano piuttosto sui risultati del partito di Silvio Berlusconi in Sicilia, regione che si conferma la più berlusconiana d’Italia: “Quanto al giudizio in chiave regionale sulla performance di Forza Italia alle ultime Politiche – precisa Genovese – ritengo assai discutibile ogni commento costruito attorno ai concetti di vittoria e di sconfitta: il partito, andando alla sostanza, è riuscito semplicemente a rimanere in piedi nonostante il ciclone di cambiamento esploso nelle urne. Non è una vittoria, non è una sconfitta: chi ha utilizzato toni trionfalistici, pecca di presunzione, o forse di eccesso di difesa della propria posizione dinnanzi all’opinione pubblica e all’elettorato azzurro. Una posizione fuorviante, scollegata dalla realtà, di cui, tendenzialmente, è complice anche chi si è premurato di celebrare i funerali del partito, che è tutto fuorché morto”.
“Ipocrisia e piaggeria”. È così che i quattro ribelli della prima ora etichettano le diverse difese d’ufficio giunte per Micciché davanti a quello che giudicano “un legittimo e motivato dissenso per la sua fallimentare gestione del partito”. “Faccia tosta, assoluta mancanza di pudore e di dignità politica – continuano -. Come può essere possibile che nel giro di pochi giorni personaggi che non riusciamo neanche ad aggettivare, le cui diverse e molto variegate storie e provenienze sarebbe molto opportuno rispolverare, gente che descriveva impietosamente e pubblicamente la figura di Miccichè prima del suo strabiliante colpo di fortuna, come un povero fallito (questo era l’aggettivo più garbato) e in pieno e irreversibile declino, adesso quegli stessi individui si siano oggi trasformati d’incanto come i suoi maggiori difensori?”.
E i “ribelli” azzardano una spiegazione, che non passerà inosservata: “Non vorremmo però apparire talmente ingenui da non capire le vere ragioni di questa strabiliante metamorfosi. Ben comprendiamo infatti che alcuni politici, anche di rilievo, si comportino come una particolare colonia di formiche malesi che ha il compito di difendere il gruppo da attacchi dei nemici (noi non ci reputiamo né nemici né traditori ) e che siano scesi in campo solo apparentemente in difesa del loro leader ma in realtà il loro vero scopo è principalmente quello di difendere se stessi, i loro interessi consolidati o da consolidare e per poter rivendicare alla prima occasione utile una lauta ricompensa per i loro servizi. Ovviamente non intendiamo affatto generalizzare e preghiamo quanti hanno la coscienza a posto di auto-escludersi da questa categoria di servi sciocchi”.
“Né Marianna Caronia, Rossana Cannata, Tommaso Calderone e Riccardo Gallo hanno mai chiesto nulla e nulla vogliono, non abbiamo neanche reclamato quanto ci è stato negato anche se politicamente dovuto; vogliamo, questo assolutamente sì, un partito completamente rinnovato”. Anche Genovese, recordman di preferenze alle scorse Regionali, lancia un messaggio chiaro, dal sapore di ultimatum: “Ritengo necessario il tentativo, probabilmente l’ultimo, di ricucire ogni strappo, assecondando, in termini di ascolto attivo e poi di ‘azione’, le legittime rimostranze dei colleghi di partito che hanno espresso a più riprese un malcontento che, se dovesse rimanere inascoltato, rischierebbe di far naufragare l’azione politica e l’essenza stessa del più grande partito di maggioranza all’Ars. Se dovesse esserci una netta e immediata inversione di tendenza delle dinamiche e degli equilibri interni al partito, è probabile che vi siano ancora le condizioni per ricomporre la frattura. In caso contrario, è giusto – anzi, doveroso – che ognuno faccia le proprie valutazioni. Senza alcuna preclusione o vincolo di sorta”.
Miccichè, nei giorni scorsi, ha convocato, ma senza fissare una data, una grande riunione il cui obiettivo sarà appunto quello di riannodare le fila del partito. I 4, oggi 5, ribelli sono in attesa di capire come si “riavvolgerà il nastro di Forza Italia all’Ars”, altrimenti non è escluso che busseranno alle porte del Gruppo Misto, lasciando il gruppo azzurro con soli 9 componenti.