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Funziona il contrattacco di Lombardo

Il Governatore "spacca" il Pdl
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Il contrattacco di Raffaele Lombardo fin qui sembra portare frutti. Anche l’ala finiana del Pdl avrebbe benedetto il nuovo corso del leader autonomista secondo le ricostruzioni pubblicate oggi da quotidiani. La “visita di cortesia” del presidente della Regione al numero uno di Montecitorio Gianfranco Fini ieri non era passata inosservata. L’ex capo di An avrebbe dato il sostanziale via libera a Lombardo per la permanenza in giunta dell’aennino Luigi Gentile e, secondo rumours che circolavano già ieri, avrebbe indicato in Nino Strano (l’ex senatore della mortadella che ha incassato 90 mila preferenze alle recenti Europee) il nome per completare la giunta che conserva ancora tre caselle vuote, riservate agli uomini del Pdl.
Insomma, le mosse del governatore fin qui hanno prodotto, almeno in parte i risultati da lui sperati. Lombardo, da assediato e logorato che era, sta riuscendo a ribaltare la situazione portando i suoi rivali, la corrente del Pdl a lui avversa, in una condizione di (almeno apparente) accerchiamento.
La sponda del drappello di ribelli capitanati da Gianfranco Miccichè c’è sempre stata. Ma quella dei finiani – e le dichiarazioni di alcuni esponenti del Pdl di provenienza An ieri lasciavano intendere il ritrovato feeling con Lombardo – cambia le cose. Berlusconi non potrà liquidare la pratica come un problema locale o personale, c’è una grana politica nel Pdl, una spaccatura sostanziale sulla regione che da anni rappresenta il granaio dei voti del Cavaliere e che all’ultima tornata elettorale ha riservato ai berlucones la più amara delle sorprese.
L’incontro chiarificatore tra Berlusconi e Lombardo si attende ancora. Potrebbe esserci oggi stesso o slittare al ritorno del Cav dalla delicata trasferta americana. Intanto, l’ala dura del Pdl continua a ribadire, Giuseppe Castiglione lo ha fatto fino a ieri, che la soluzione dell’empasse può passare solo dall’azzeramento della giunta. Ipotesi della quale Lombardo non vuol sapere.
Certo è che, malgrado il risultato non trionfale dell’Mpa nell’ultima tornata elettorale, le armi degli oppositori del Presidente appaiono per lo meno spuntate. Il Pdl ha accusato un’emorragia di voti nell’ordine delle 800 mila preferenze e proprio le divisioni interne hanno pesato senz’altro sugli umori dell’elettorato. Il Cav lo sa e probabilmente non vorrà tirare troppo la corda. Certo, l’ala Schifani-Alfano continua a mandare segnali di intransigenza, con minacce di abbandono del partito se il Pdl cederà, ma tirare troppo per le lunghe la faida siciliana non dovrebbe essere uno dei primi desideri di Berlusconi.
In questo contesto, la mossa di portare al Parlamento nazionale una legge costituzionale per introdurre la sfiducia costruttiva (e far fuori politicamente Lombardo senza sciogliere l’Ars) sta segnando il passo. Il tentativo, in realtà, sembra parecchio velleitario. E non solo perchè l’iter legislativo nella migliore delle ipotesi richiederebbe un anno di tempo, ma anche perchè, con una legge di quel tipo, chi sfiducia il presidente dovrebbe contestualemnte indicarne uno nuovo. E per mettere insieme i numeri per mandare a casa Lombardo i pidiellini dovrebbero coinvolgere il Pd, ma appare fantascienza pensare che gli uni e gli altri insieme possano indicare un governatore comune.
Tutto, insomma, sembra giocare a favore di Lombardo. Anche l’esito del voto amministrativo che ha visto funzionare bene le inedite alleanze tra Mpa e Pd, prospettando lo spettro di una coalizione alternativa per il futuro. Tanto che dalle parti del centrosinistra, un dirigente sussurrava: “Se Lombardo oggi rompesse col centrodestra e ci proponesse un’alleanza, saremmo noi in difficoltà nel non accettarla”.
L’ipotesi di un’intesa strutturale col centrosinistra, però, al momento resta accademia. Una pace con gli alleati di un tempo è possibile, ma nella trattativa che ne deciderà le condizioni, il governatore, almeno per adesso, sembra avere il coltello dalla parte del manico.


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