MESSINA – Sono finiti nel mirino della Procura di Patti perché avrebbero incassato indebitamente il Reddito di cittadinanza e ora gli inquirenti messinesi hanno chiesto e ottenuto dal gip il sequestro delle somme elargite dall’Inps. Si tratta di nove indagati, ai quali i carabinieri del Comando provinciale, con i colleghi del Nucleo ispettorato del lavoro, hanno sequestrato 31.767 euro complessivamente. La misura è stata disposta dal gip, Ugo Molina, su richiesta del sostituto procuratore Andrea Apollonio.
Gli indagati
Il provvedimento ha riguardato un 53enne di Patti che aveva omesso di comunicare le variazioni reddituali rilevanti ai fini della revoca o riduzione del beneficio percepito, avendo nel frattempo avviato un’autonoma attività lavorativa, così percependo indebitamente la somma di circa 4.500 euro. Due donne (una rumena ed una polacca, rispettivamente di 38 e 21 anni), che avevano dichiarato falsamente di risiedere da piu’ di 10 anni in Italia: recuperate cinque mensilità indebitamente percepite da una delle donne (pari a 2.500 euro), nonché due mensilità indebitamente percepite dall’altra (pari a 1.200 euro).
I reati che impediscono il bonus
I carabinieri, infine, hanno proceduto al sequestro nei confronti di ben sei soggetti (una donna e cinque uomini) che avevano omesso di comunicare all’Inps la sopravvenuta irrogazione nei loro confronti di misure cautelari personali (arresti domiciliari, obbligo di dimora, etc.), per reati di vario genere, fra cui detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, stalking, etc.. Fra questi, i carabinieri, in particolare, hanno accertato come un uomo di 49 anni, di Patti, avesse omesso di comunicare all’ente erogatore la sottoposizione alla misura cautelare personale coercitiva dell’obbligo di dimora per il delitto di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, così percependo indebitamente la somma di oltre 14.000 euro, somma che è stata parimenti sottoposta a sequestro e dunque recuperata. Il sequestro per equivalente delle somme indebitamente percepite, in definitiva, oltre alla denuncia in sede penale ed alla sottoposizione al relativo procedimento, appare lo strumento più idoneo per contrastare il pernicioso fenomeno.
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