CATANIA. Spiccata pericolosità sociale e profondo disprezzo per la vita umana. Con queste motivazioni il Tribunale del Riesame ha negato la scarcerazione a Giuseppe Caruso, il 69enne che lo scorso 26 aprile ha ucciso con quattro colpi di pistola Roberto Grasso, di 27 anni. Il giovane, deceduto all’ospedale Cannizzaro di Catania, si era introdotto nel cuore della notte all’interno del terreno di proprietà del pensionato, a Nunziata, frazione di Mascali, per rubare delle fave e dei piselli. Il giorno precedente Giuseppe Caruso aveva subito, secondo quanto dichiarato dallo stesso, un furto di galline che non aveva denunciato. Per evitare nuove razzie aveva deciso di trascorrere la notte in campagna, armato della pistola che deteneva legalmente pur essendo sprovvisto della licenza per il trasporto in luogo pubblico.
Secondo il Collegio, Caruso “ha deciso di farsi giustizia da sé togliendo la vita consapevolmente e volontariamente ad un giovane”. I giudici del Tribunale nel provvedimento sottolineano il “rischio serio, concreto ed attuale che, ove rimesso in libertà o sottoposto ad una misura meno afflittiva, l’indagato possa nuovamente manifestare la profonda aggressività che lo contraddistingue”.
Rigettata anche la richiesta di derubricazione del reato da omicidio volontario a legittima difesa o, in subordine, ad eccesso colposo di legittima difesa. L’indagato ha raccontato di aver esploso tre colpi di pistola in aria dopo aver subito l’aggressione del 27 enne che, per nulla intimorito, ha afferrato la mano con la quale l’uomo teneva l’arma. Nel corso della colluttazione sarebbero partiti i colpi che hanno raggiunto Roberto Grasso. Ma secondo il Tribunale la ricostruzione del 69enne, già contraddittoria rispetto alle prime dichiarazioni rese ai carabinieri, sarebbe in contrasto con l’esito dell’esame autoptico, con le ferite riportate da Caruso e con il rapporto stilato dai carabinieri dopo il sopralluogo.
Nel corso dell’ispezione compiuta dai militari, infatti, sarebbero state rinvenute solo tre cartucce non esplose ed un bossolo esploso. Circostanza che smentirebbe, secondo il provvedimento, gli spari in aria. Incompatibili, inoltre, secondo il Collegio, i graffi e le lesioni in viso diagnosticate dai sanitari a Giuseppe Caruso, poche ore dopo i fatti, con il colpo di torcia che l’indagato racconta di aver subito. Le ferite sarebbero il frutto tuttalpiù di “un’aggressione lieve ed a mani nude”. Ma ciò che più di ogni altra cosa smentirebbe l’ipotesi della legittima difesa sarebbe l’esame autoptico eseguito dal medico legale Carlo Rossitto. Uno dei quattro proiettili che hanno raggiunto la vittima sarebbe stato esploso alle spalle, circostanza inconciliabile con la ricostruzione del 69enne.
Secondo il Riesame la reazione spropositata dell’indagato, rispetto all’offesa ricevuta, confermerebbe l’ipotesi accusatoria dell’omicidio volontario. Soddisfazione per il provvedimento è stata espressa dalla famiglia di Roberto Grasso, tramite il legale Lucia Spicuzza. “Il nostro consulente medico legale – ha dichiarato l’avvocato Spicuzza – ha consegnato la propria relazione pervenendo alle stesse conclusioni del consulente della Procura”.
Di tutt’altro avviso il legale della difesa Giuseppe Lipera che ha già presentato ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame. Secondo l’avvocato Lipera il suo assistito avrebbe agito per legittima difesa non essendo in grado di valutare, in un luogo tra l’altro poco illuminato, se la vittima fosse a sua volta armata. Se reazione spropositata c’è stata, secondo Lipera, è solo perché l’indagato, in quella situazione di pericolo, non è riuscito a percepire il livello di gravità dell’aggressione. Nella peggiore delle ipotesi quindi si configurerebbe il reato di eccesso colposo di legittima difesa. Ingiustificate, infine, secondo il difensore, le esigenze cautelari in considerazione del fatto che Giuseppe Caruso ha quasi 70 anni, non ha precedenti penali e sarebbe affetto da vari malanni tra cui l’ipertensione arteriosa e il diabete mellito.