Gli affari di famiglia di Zuccaro|Ecco chi paga il pizzo a Catania - Live Sicilia

Gli affari di famiglia di Zuccaro|Ecco chi paga il pizzo a Catania

Estorsioni, affari e omissis. Il superpentito Santo La Causa (nella foto), ex reggente militare del clan Ercolano-Santapaola, nell'ultimo verbale fa nomi e cognomi degli estorti. I pm catanesi Agata Santonocito e Antonino Fanara l'hanno interrogato lo scorso 25 maggio nel carcere romano di Rebibbia.

I verbali del pentito La Causa
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Non si contano, nel nuovo verbale, le parti omissate sugli interessi che gravitavano intorno al centro commerciale Tenutella, a partire da quelli del reggente economico dei Santapaola, Vincenzo Aiello, che avrebbe acquistato mezzi per lavorare in prima persona nel cantiere di S.Giorgio di Catania.

Ma il cuore del nuovo verbale è rappresentato dalle dichiarazioni di La Causa su Maurizio Zuccaro, noto per gli interessi nelle cooperative sociali che lavorano presso i più importanti ospedali di Catania. Secondo La Causa, Maurizio Zuccaro sarebbe un “componente della famiglia anagrafica che ha sempre fatto parte dell’organizzazione, così come suo padre, pur avendo preferito sempre giovarsi, per evitare di esporsi, dell’attività dei reggenti che si sono susseguiti”.

Maurizio Zuccaro avrebbe avuto, secondo La Causa, un gruppo di fedelissimi ai suoi ordini: “Benedetto Cocimano – sostiene il superpentito – Maurizio Signorino, Angelo Testa, Maurizio Galletta, Piero detto u’ Pisciaru”. Nell’organizzazione avrebbero un ruolo anche il convivente di una nipote di Zuccaro, che si occuperebbe della raccolta degli stipendi e tale “Saitta”, convivente con un’altra nipote di Zuccaro, “il cui padre è privo di naso”, dice La Causa e “la nonna di Saitta che acquistava la merce rapinata dai tir”.

Zuccaro insieme al padre avrebbe “gestito con il suo gruppo usura e estorsioni”. La Causa, interrogato dai pm catanesi, ricorda una lunga serie di estorsioni: quella “nei confronti di un commerciante all’ingrosso di formaggi e carne surgelata che ha l’impresa nei pressi di San Giuseppe La Rena”; quella a un grossista della zona industriale “che nel passato pagava a Luigi Ilardi”; un’altra ai danni di una catena di supermercati “con 4-6 punti vendita – mette a verbale il superpentito – di cui uno in via Galermo nei pressi dell’Etna Bar gestito da un parente dei Signorino”; e, infine, l’estorsione a “un’impresa monopolista del trasporto di tabacchi che ha sede in una parallela di via della Concordia”.

Nel passato il gruppo di Zuccaro avrebbe gestito la “messa a posto” degli imprenditori “che hanno costruito la scuola Diaz di Nesima e dei costruttori che fanno riferimento a Saro, zio acquisito degli Ammuttapotte, che ha costruito palazzine a Nicolosi in società con Zuccaro”.

Attraverso la gestione delle estorsioni, Zuccaro sarebbe diventato socio di varie imprese. “Ad esempio – racconta La Causa – tale Messina di Monte Palma, che commercia in sanitari, prima fu sottoposto ad usura dagli Zuccaro, poi lo stesso volle entrare quale socio nella sua società, e poi uscì dalla società”. La fonte di queste informazioni, secondo quanto dichiara La Causa, sarebbe direttamente l’imprenditore Messina, in una confessione avvenuta durante una conversazione in carcere. L’imprenditore – sostiene La Causa – avrebbe chiesto aiuto ai mafiosi del clan Cappello per difendersi da Zuccaro.

Secondo le dichiarazioni del pentito sarebbe stato estorto anche l’imprenditore “Arena che commercializza materiale edile nei pressi dell’abitazione degli Zuccaro e che è proprietario di un appartamento in cui abita la moglie di Nuccio Cannizzaro”. Secondo il racconto di La Causa, quando il figlio dell’imprenditore Arena si fidanzò con la figlia di Nuccio Cannizzaro, il boss Zuccaro concesse la sospensione del pagamento del pizzo. Non appena i due si lasciarono, riprese il pagamento dell’estorsione.

La Procura di Catania ha omissato la parte dei verbali che riguarda l’uccisione del boss Angelo Santapaola, dopo la quale Maurizio Zuccaro sarebbe stato “convinto che tutti i suoi problemi fossero risolti”. In realtà soltanto “alcune estorsioni” sarebbero rimaste a Zuccaro. I pagamenti dell’imprenditore Arena e i soldi dei supermercati sarebbero confluiti nella cassa dell’associazione mafiosa. Omissata anche la parte in cui il superpentito parla della gestione di numerosi affari di Maurizio Zuccaro mentre era ai domiciliari per sospensione della pena.


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