PALERMO – Un giornalismo che abbia il compito di far riflettere sui fatti e sulla realtà- Questo l’obiettivo dell’incontro “Palermo città aperta” organizzato dalla redazione de “L’Espresso”. Protagonisti di questo ragionamento i lettori e gli studenti dell’Università di Palermo nella facoltà di Lettere che hanno incontrato il direttore del settimanale Marco Damilano, il vicedirettore Lirio Abbate e il responsabile della sezione Cultura Emanuele Coen. “Usciamo dalla redazione per girare l’Italia partendo da Palermo per portare il giornalismo fuori da una torre lontana in cui sembrerebbe richiuso, in modo tale non solo da raccontare i fatti ma anche per mettere in connessione le cose che si scoprono”. Così Marco Damilano ha raccontato l’iniziativa che il settimanale fa partire in queste ore proprio dal capoluogo siciliano.
La missione è quella di creare dibattito nelle città, di ascoltare e di prendere spunti. “Palermo – ha spiegato Marco Damilano – è una città simbolo. Qui negli anni ’80 si combatteva la battaglia di tutti. Oggi invece Palermo lancia un messaggio in controtendenza. Un messaggio diverso dal punto di vista politico – ha specificato il direttore del settimanale – perché questo è rimasto uno dei pochi posti in cui l’accoglienza viene rivendicata come valore mentre nel resto d’Italia non se ne può nemmeno parlare. Ma anche – prosegue – dal punto di vista culturale dato che questa città ha fatto parlare di se grazie alla cultura”.
E dibattito c’è stato grazie agli interventi di studenti che si sono chiesti se Palermo sia veramente e interamente città dell’accoglienza e se la narrazione di una città che vive di cultura rappresenti davvero la realtà o meno. Sullo sfondo del dibattito c’è stata però la vita di giovani che studiano in Sicilia e non vedono una speranza per il futuro, la storia di Claudia e di Arianna che hanno detto che forse, il vero problema della Sicilia non è l’immigrazione ma l’emigrazione.
Insomma, è stato un incontro dal quale si va via senza risposte certe ma con dei dubbi. Eppure c’è qualcosa che di Palermo può essere ritenuto certo. Emanuele Coen che sul settimanale ha raccontato le città europee non ha dubbi. “Certamente questa è una città che ha una profonda attitudine all’accoglienza. Questa è una città che ti dà emozioni e io ho percepito innamoramento e tradimento. Ho visitato Palermo per Manifesta 12 – ha continuato a raccontare il giornalista – e credo che quanto accaduto a Palazzo Butera possa rappresentare la riappropriazione dei luoghi da parte della città”.
Lirio Abbate, poi, ha parlato della Palermo di ieri e del suo essere terra fertile per il giornalismo e di come la città sia faro culturale e civile. “Questa è una terra che ti porta a raccontare. – ha detto – I giornalisti siciliani che hanno imparato a fare questo mestiere negli anni 80 hanno imparato a fare un racconto analitico a 360 gradi. Ma adesso – ha sottolineato il giornalista – il know how mafioso si è spostato, forse ha abbandonato una regione le cui strade sono state macchiate di sangue innocente per spostarsi in terre più vergini e con minori anticorpi. La mafia ha capito – ha poi detto Abbate – che gli omicidi non sono redditizzi e preferisce esercitare pressione con le intimidazioni e con il potere economico. Quello che qui ho imparato – ha così concluso – mi è servito per capire tutto il resto d’Italia”.
Alle 21 la giornata prosegue al teatro Massimo, con la partecipazione del sindaco Leoluca Orlando e diversi ospiti: giornalisti, intellettuali, animatori sociali, attori, musicisti, oltre ai giornalisti dell’Espresso. Tra gli altri, Piero Melati, Paola Caridi, Marta Bellingreri, Mariangela Di Gangi, Daniela Dioguardi, Fausto Melluso, Daniele Marannano di Addio Pizzo con uno dei commercianti bengalesi che hanno denunciato il racket. Le foto di Alessio Mamo, la musica di Yosuf Jaralla, le parole della scrittrice Evelina Santangelo. Chiuderanno la serata Aboubakar Soumahoro e Pif.