I Niceta, il sequestro e il Forum | “Ora basta, vogliamo difenderci”

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21 Settembre 2017, 16:39

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PALERMO – “Vogliamo essere processati e giudicati in fretta. E vogliamo pure essere messi nelle condizioni di difenderci”. Massimo e Piero Niceta si presentano all’appuntamento con una carpetta piena di documenti. Sono per lo più atti della loro lunga vicenda giudiziaria sfociata nel 2013 nel sequestro della catena di negozi di abbigliamento.

Due giorni fa la notizia di una nuova indagine a loro carico per riciclaggio aggravato dall’articolo 7 e cioè dal metodo mafioso (clicca qui per leggere il servizio). Sono sotto accusa assieme ai Guttadauro di Brancaccio con i quali avrebbero condiviso interessi illeciti anche nella costruzione del centro commerciale Forum (clicca qui per leggere su cosa indagano i pm). Ed è da quest’ultima vicenda che parte la loro autodifesa che si scaglia innanzitutto contro il grande accusatore, il cugino Angelo Niceta, oggi testimone di giustizia, che tra le altre cose ha riferito della presenza di Francesco Guttadauro, figlio del boss Filippo, al matrimonio di Massimo Niceta. Nel corso del ricevimento si sarebbero appartati per parlare dell’affare del Forum.

“Notizia falsa, tuonano i Niceta, e non lo diciamo noi, ma i carabinieri del Ros, i quali hanno scritto che era presente Francesco Guttadauro, ma si tratta del figlio di Giuseppe (boss di Brancaccio ndr). Il figlio di Filippo, che si chiama anche lui Francesco, era con la futura moglie a Lampedusa. C’è dell’altro, perché Angelo Niceta prima dice che abbiamo realizzato il centro commerciale e poi che non l’abbiamo costruito, ma solo commercializzato. Nessun membro della nostra famiglia è a conoscenza di questa vicenda del riciclaggio, nessuno di noi sa di chi erano questi terreni, chi li ha venduti, quando e a quale cifra, non conosciamo chi ha eseguito i lavori e in nessun circostanza abbiamo partecipato a fatti relativi a queste vicende.

Non sono teneri con il cugino Angelo, mosso, a loro dire, dal rancore personale per il fallimento (oggi è sotto processo per bancarotta fraudolenta) delle sue iniziative imprenditoriali. “È lui tesso a mettere a verbale che voleva distruggere coloro che sostiene essere la causa dei suoi mali. C’è bisogno di aggiungere altro?”.

A proposito del Forum, una delle ipotesi su cui si indaga è che i Niceta ottennero un trattamento di favore quando furono assegnati gli spazi commerciali: “Ma quali privilegi – replicano Piero e Massimo Niceta tirando fuori altra documentazione -, la società Pmb, costituita da noi e da un gruppo di Siracusa, prese in affitto dalla Multi Veste (la società che gestisce il Forum ndr) lo spazio espositivo al prezzo di mercato. Guardate tutti gli altri contratti, l’affitto prevede per tutti che venga versato il 7% del fatturato. È un paletto inderogabile. Ci sono pure delle e mail con cui trattavamo, senza successo, un accordo migliore con la responsabile della Multi Veste. Sono stati loro a dettare le condizioni. Perché i pm o il Tribunale non convocano la responsabile? E non è vero neppure che il punto vendita, poi passato in amministrazione giudiziaria, abbia chiuso per chissà quale nostro intervento. L’amministratore giudiziario Aulo Gigante non pagava l’affitto. Ecco perché ha chiuso”.

E non è il solo negozio chiuso, visto che ormai con il marchio Niceta resta aperto un solo punto vendita dei quindici iniziali. Il tema delle misure di prevenzione pone il problema di traghettare un bene sequestrato nell’alveo della legalità. Bisogna rispettare le leggi, mettere in regola tutti i lavoratori e scontrarsi con la difficoltà di accedere al credito. Lo Stato non è un buon socio delle banche. Tutto questo potrebbe avere inciso nella gestione dei negozi Niceta, ma gli imprenditori Massimo e Piero la pensano in maniera diversa. Addossano da sempre ogni responsabilità sulla gestione di Gigante che nel frattempo è stato sostituito ed è processato a Caltanissetta insieme all’ex presidente Silvana Saguto per alcune assunzioni sospette. C’è da chiedersi quale fosse la reale situazione delle attività commerciali prima che subentrasse l’amministrazione giudiziaria. I Niceta, infatti, avevano chiesto il concordato preventivo. Si tratta di uno strumento che la legge mette a disposizione dell’imprenditore, in crisi o in stato di insolvenza, per evitare la dichiarazione di fallimento attraverso un accordo che soddisfi le ragioni dei creditori.

Anche sul punto i Niceta tagliano corto: “Nel 2012 avevamo 120 dipendenti e 20 milioni di fatturato”. E il concordato, spia di una situazione difficilissima? “Volevamo ripartire da zero. Era il frutto di un cambio della politica aziendale. Non vendevamo più altri brand, ma solo il marchio Niceta. Solo che durante le fasi del concordato subentrò l’amministrazione giudiziaria che disse di non potersi assumere gli impegni presi davanti al Tribunale perché son sapeva se fosse rimasta in carica per il successivo quinquennio. L’accordo prevedeva il cambiamento del prodotto e una spending review. Peccato che l’amministrazione giudiziaria ha fatto nuove assunzioni”.

Del concordato preventivo ha pure parlato Angelo Niceta, secondo cui, “alla fine le misure di prevenzione sono state un regalo in quanto avevano approvato un concordato preventivo in maniera vergognosa dal triunvirato Giammona, Novara, Nonno (sono i giudici della fallimentare) che a loro regalano tanti soldi e a me ne levano tanti”. Sul punto Massimo e Piero Niceta, ancora una volta, sono durissimi: “Quello che dice il testimone è gravissimo. Perché i pubblici ministeri non convocano i magistrati? Abbiamo chiesto di sentirli così come la responsabile della Multiveste ma la nostra istanza è stata respinta”.

I guai giudiziari dei Niceta sono iniziati anni fa con il ritrovamento di un pizzino in cui Matteo Messina Denaro scriveva al boss di San Lorenzo, Salvatore Lo Piccolo, per ringraziarlo di una vicenda che riguardava il “mio amico Massimo n.”. Gli investigatori all’inizio individuarono “Massimo n” in Massimo Niceta anche se successivamente dissero che non c’era certezza alcuna sull’identificazione e neppure sull’autore. “Non a caso questa inchiesta è stata archiviata, Massimo N non sono io”, dice il protagonista.

E poi ci sono i rapporti con Francesco Guttadauro, figlio di Filippo (uomo fidato di Bernardo Provenzano), nipote di Messina Denaro e oggi detenuto per mafia come il padre. Nelle intercettazioni emergevano interessi commerciali comuni nel centro Belicittà: “Francesco Guttadauro era un semplice impiegato, messo in regola e di certo la sua presenza non ci ha fatto avere dei favori – spiegano i Niceta -. Ci dovevano dare 1500 metri quadrati di esposizione che alla fine sono diventati 290 e al prezzo di mercato. Ah, dimenticavamo, il punto vendita era al primo piano, lontano dal supermercato, nel posto peggiore del centro commerciale”.

Solo rapporti di lavoro con Guttadauro, poi arrestato per mafia? “Ci conoscevamo da una vita e mi chiese di farlo lavorare. Era incensurato e l’ho assunto. Lo rifarei mille altre volte. Quando abbiamo chiuso il negozio Blu Spirit abbiamo pure licenziato la sorella Maria. La verità è che siamo stanchi. Attendiamo da anni una perizia sui nostri beni, di cui non resta più nulla, e la decisione del Tribunale slitta di continuo. Ogni qualvolta siamo in dirittura d’arrivo spunta una nuova cosa che poi è sempre la stessa cosa. Ora questa del centro commerciale Forum. Non possiamo difenderci, non possiamo lavorare e quando vengono pubblicati gli articoli su di noi la gente si allontana. Siamo vittime della caccia alle streghe”.

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21 Settembre 2017, 16:39

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