I punti critici della 'Buona Scuola' | Perché non piace ai sindacati - Live Sicilia

I punti critici della ‘Buona Scuola’ | Perché non piace ai sindacati

Oggi la grande mobiltazione di docenti e studenti contro la riforma messa in campo dal governo. Ecco alcuni dei punti che ai sindacati della scuola non vanno giù.

Le ragioni della protesta
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PALERMO- Sono tanti i punti della riforma “La Buona Scuola” che i sindacati mettono in discussione. A partire dal piano per le assunzioni. Secondo il premier Renzi, l’approvazione del disegno di legge porterà alla fine del precariato nella scuola, grazie alla chiusura delle graduatorie provinciali dei supplenti, con una previsione di circa 100 mila assunzioni. Le perplessità dei sindacati si concentrano, in particolare, su tre punti. Nella riforma non c’è traccia del personale Ata; l’entrata in vigore del ddl sarebbe una vera e propria mazzata contro i docenti precari (si prevede un tetto massimo di supplenze di tre anni, dopo i quali gli istituti sarebbero costretti a dare il “benservito”); le 100 mila assunzioni previste, infine, sarebbero comunque ben poca cosa rispetto all’esercito di precari che ha acquisito il diritto ad essere stabilizzato.

Ma è soprattutto sul nuovo ruolo che avrebbero i dirigenti scolastici che si concentrano le maggiori critiche dei sindacati. Troppo forte la leadership che i presidi verrebbero ad assumere. Dal capo d’istituto passerebbero, infatti, assunzioni e licenziamenti, valutazioni e “premi” in denaro riguardanti il corpo docente. E ai dirigenti toccherebbe, inoltre, la predisposizione del Piano triennale dell’offerta formativa. I sindacati parlano di “superpoteri” che nascondono, da un lato, il rischio di clientelismo; dall’altro creerebbero un clima di eccessiva competitività tra gli insegnanti a discapito del ruolo formativo ed educativo della scuola.

Sindacati che, nella riforma del governo Renzi, vedono anche un duro colpo alla scuola pubblica. Due i punti critici. In primo luogo, le agevolazioni per chi frequenta le scuole paritarie dell’infanzia e del primo ciclo: il disegno di legge prevede la detraibilità fino a 400 euro delle spese. In secondo luogo, il cosiddetto ‘school bonus’, finanziamenti che partner privati potranno devolvere agli istituti scolastici. Un duro attacco, secondo i sindacati, all’autonomia scolastica. Ma non solo. Il rischio ulteriore è che si accentui la disparità tra istituti già rinomati e scuole periferiche, molto meno “appetibili” per eventuali investitori privati.

Infine, ad essere oggetto di accusa da parte dei sindacati è l’alternanza prevista dal disegno di legge tra scuola e lavoro negli istituti tecnici, professionali e, seppur in misura minore, nei licei. Secondo il governo, uno strumento per combattere la dispersione scolastica e un modo per avvicinare offerta formativa e lavorativa. Per i sindacati, invece, si tratta soltanto di ore sottratte all’istruzione, con il risultato di un depotenziamento dell’offerta formativa ed educativa.

 


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