ROMA – È suonata la campanella finale. O quasi. È arrivato il capitolo conclusivo della storica inchiesta antimafia Vicerè che nel 2016 fece tabula rasa della famiglia mafiosa dei Laudani. Un blitz di oltre 100 indagati che sterminò i ‘Mussi i fucurinia’ dai vertici alla manovalanza. Dalla famiglia di sangue, alle squadre nei vari centri dell’hinterland, fino alle cittadine etnee ai paesi pedemontani. Da Canalicchio fino alle montagne del vulcano, i Laudani hanno radicato il loro potere criminale attraverso estorsioni e droga. Il clan avrebbe avuto “a disposizione” anche alcuni penalisti. In questi lunghi sei anni, sono morti alcuni degli imputati chiave, lo stesso patriarca Sebastiano Laudani è scomparso un anno prima della sentenza di primo grado. Il grande accusatore è stato Giuseppe Laudani, nipote prediletto del ‘padrino’, che ha deciso di diventare collaboratore di giustizia spezzando il cuore del nonno. Ma in appello si è aggiunto anche un altro pentito, Sebastiano Spampinato.
La Corte di Cassazione, tranne due posizioni da definire per il calcolo della continuazione, ha ritenuto inammissibili e ha rigettato tutti i ricorsi. Sia della difesa che della Pg. Questo è il troncone abbreviato, scelto dalla maggior parte degli imputati. E così diventano definitive le condanne ai vertici di ‘sangue’, figli e nipoti del vecchio capomafia: Giuseppe Laudani (classe ’46), Concetto Laudani, Santo Orazio Laudani, Alberto Caruso (figlio naturale di Gaetano Laudani, ndr). E non dimentichiamo la ‘madrina’ dei vicerè, la zia Mariella Scuderi, vedova di Santo Laudani. Ma poi ci sono anche pezzi da novanta come Omar Scaravilli, considerato il clone di ‘Iano’ il grande (per Sebastiano Laudani si dovrà ricalcolare la pena in continuazione), Carmelo Pavone, Melo L’Africano è il boss di Acireale, Alfio Romeo, detto Faviana, è ai vertici di Piedimonte Etneo, Leonardo Parisi, è uno storico della cellula di Giarre. E diventano irrevocabili anche le condanne, pesantissime, dei due avvocati Salvatore Mineo e Giuseppe Arcidiacono imputati per concorso esterno.
Ecco il dispositivo della Cassazione, con le pene confermate in appello. La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Orazio Leonardi perché il reato è esito per morte dell’imputato. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Maurizio Tomaselli e di Sebastiano Laudani, classe 1969, limitamenti alla determinazione della continuazione, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Catania per nuovo esame. Dichiara inammissibili i ricorsi di Giuseppe Laudani (classe 1946) (in appello 8 anni e 6 mesi), Concetto Laudani (8 anni in appello), Maria Scuderi (in appello 8 anni), Giovanni Giuffrida (8 anni e 4 mesi in appello), Leonardi Parisi (in appello 7 anni e 8 mesi), Antonio Francesco Ventura (in appello confermati 8 anni e 2 mesi), Omar Scaravilli (in appello 4 anni e 10 mesi), Salvatore Sorbello (in appello 8 anni), Carmelo Pavone (13 anni e 8 mesi in appello), Filippo Anastasi (in appello confermati 10 anni, 8 mesi), Sebastiano Flori (in appello 8 anni), Francesco Antonio Pistone (in appello 12 anni), Antonio Luca Josè Pappalardo (in appello 8 anni e 8 mesi), Antonino Di Mauro (in appello 4 anni e 4 mesi), Salvatore Di Mauro (in appello 5 anni), Orazio Cucchiara (in appello 4 anni e 4 mesi), Giovanni Muscolino (in appello 7 anni e 4 mesi), Giuseppe Fichera (in appello confermati 10 anni), Salvatore Mineo (confermati in appello 6 anni e 8 mesi) e Giuseppe Arcidiacono (confermati in appello 7 anni e 4 mesi). Rigetta i ricorsi di Santo Orazio Laudani (in appello 4 anni e 4 mesi), Alberto Gianmarco Angelo Caruso (in appello 7 anni e 4 mesi), Orazio Militello (in appello 4 anni e 8 mesi), Giuseppe D’Agata (in appello 5 anni e 4 mesi), Daniele Mangiagli (in appello 6 anni), Carmelo Bonaccorso (in appello 12 anni e 8 mesi), Antonino Fosco (7 anni e 4 mesi in appello), Alfio Romeo (in appello 13 anni).