"Il carcere non è una condanna a morte, serve fermare i suicidi" - Live Sicilia

“Il carcere non è una condanna a morte, serve fermare i suicidi”

Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, rilancia la proposta di liberalizzazione delle telefonate per i detenuti.

“Il carcere non è una condanna a morte. E’ necessario intervenire affinché il dramma che sta interessando gli istituti di pena italiani in questo 2022 si possa fermare”. Dopo i recenti suicidi di Caltanissetta (in cui ha perso la vita un catanese) e Siracusa, che nell’arco di pochi giorni hanno portato a 57 il numero dei casi nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno, Patrizio Gonnella (presidente di Antigone) rilancia la campagna che intende mettere un freno al fenomeno.

“Proprio in questo mese cosi’ drammatico – spiega – la nostra associazione ha lanciato la campagna ‘Una telefonata allunga la vita’, chiedendo una riforma urgente del regolamento del 2000 che porti ad una liberalizzazione delle telefonate per i detenuti. In un momento di sconforto, sentire una voce familiare, può aiutare la persona a desistere dall’intento suicidario. I 10 minuti a settimana previsti attualmente non hanno più nessun fondamento, né di carattere tecnologico, né economico, né securitario”.

Riconoscere anche a chi sta espiando una pena il valore dei rapporti familiari. “Dell’importanza dell’affettivita’ per i detenuti – continua il presidente di Antigone – ci parla anche la relazione finale della Commissione ispettiva del Dap, chiamata ad indagare sulle ragioni delle rivolte che scoppiarono nelle carceri nel marzo 2020. Secondo questa, ad innescare le proteste non fu infatti una cabina di regia criminale. Il motivo va invece ricercato nell’insoddisfazione della popolazione detenuta per la poco dignitosa qualità della vita penitenziaria e, soprattutto, nella sospensione dei colloqui in presenza con i familiari”.

“All’indomani di quelle chiusure – sottolinea Patrizio Gonnella – la nostra associazione chiese che a tutti i detenuti fossero concesse chiamate e videochiamate in piu’ rispetto a quanto previsto dai regolamenti. Quella richiesta fu accolta e nel giro di pochi giorni nelle carceri di tutto il paese arrivarono oltre 1.000 tra cellulari e tablet, senza che ci fossero problemi dal punto di vista organizzativo e della sicurezza”.

Fermare le morti in carcere. “Oggi il dramma che sta attraversando il carcere non e’ il Covid ma sono i suicidi. La risposta, oggi come allora, passa anche dalla possibile vicinanza affettiva”, conclude Gonnella, che auspica che a settembre, alla ripresa dei lavori parlamentari, deputati e senatori osservino un minuto di silenzio per commemorare tutte le persone che si sono tolte la vita mentre erano sotto la custodia dello Stato. 


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