Uno stanco rituale che si ripete con cadenza annuale, nell’anniversario delle stragi del 92, talvolta biennale, in caso di eventi imprevisti, come per esempio una sentenza che demolisce le tesi della pubblica accusa, oppure programmati, come l’uscita di un nuovo libro dell’intervistato.
Nelle domande e risposte di Marco Travaglio a Roberto Maria Scarpinato si compone una sorta di catechismo complottista vòlto a denunciare che “interessi politici oscuri tramano ancora”. Il procuratore generale non ha dubbi, oltre la mafia “si mossero altre forze che la utilizzarono come braccio armato, come ‘instrumentum regni’ e causale di copertura per i loro sofisticati disegni finalizzati a destabilizzare la politica”. Lo schema è sempre lo stesso, da un quarto di secolo Scarpinato è convinto che le stragi furono funzionali alla discesa in campo di Berlusconi. Dietro il tritolo “si celavano menti raffinate e soggetti esterni”.
A questo punto anche Travaglio mostra, o finge, di spazientirsi. “Possibile che in 25 anni non siate riusciti a fare luce?” “E come si fa quando vengono sottratti ai magistrati documenti decisivi per l’accertamento di retroscena occulti?” A questo punto si sgrana un rosario partendo dalla famosa agenda rossa “trafugata con una straordinaria e lucida tempistica” ( l’accusato del presunto furto fu assolto) fino al covo di Riina non perquisito (assolti i presunti responsabili) e ripulito fino a smurare la cassaforte (un falso clamoroso continuamente ripetuto). Fra un anno si replica.