(rp) Nulla sappiamo e nulla sapremo – se non ci saranno clamorose confessioni – del mistero di Fabrizio Miccoli, consumato nello stadio di casa, nella sua Lecce. Non sappiamo nemmeno se ci sia davvero un mistero. Viene, però, la tentazione di fare uno più uno. Miccoli segna un magnifico gol su punizione al giallorosso Rosati. Miccoli schiantato di lacrime sul prato. Miccoli che non rientra in campo. Abbia chiesto lui di uscire, o sia stata una scelta di Delio Rossi, poco cambia. Fabrizio aveva già dato tutto alla sua partita, una stilettata contro il proprio cuore, come spararsi addosso. Chi può psicologicamente sopravvivere a una revolverata a bruciapelo?
Conosciamo l’amore di Fabrizio per le sue radici. E’ la passione indiscussa di un ex ragazzo che ha cominciato a giocare tra i vicoli e i muri della Via Sud. Ce ne sono, ce ne sono stati e ce ne saranno ancora migliaia di ragazzini così, nelle pietrose contrade di un mondo depresso. La maggioranza resta anonima, legata a un destino personale non sfolgorante. Solo pochi si innalzano all’altezza dei campioni. Fabrizio Miccoli è un campione che non ha messo il suo cuore nel ripostiglio. La sua reazione sul campo dopo il gol fa perfino bene a quel pianeta di denari e cinsimo su cui ormai rotola la settimanale sconcezza del pallone.
Nessuna polemica contro il capitano. E non mettiamo avanti le mani, richiamando la presente storia al rispetto della clausole del contratto, mai violate in verità. Miccoli ha segnato. Ha propiziato la rimonta del Palermo. Ha compiuto perfettamente le azioni sportive per cui viene profumatamente pagato. Poi si è concesso alla sua fragilità di ragazzo della Via Sud. Una bella favola per un mondo pieno sempre più di professionisti con i loro soldi e sempre meno di uomini con i loro sogni.