PALERMO – L’acquisto di un quadro di Giorgio De Chirico costa il rinvio a giudizio per Vincenzo Corrado Rappa. Il processo si è aprirà il prossimo tre luglio. Il giudice per l’udienza preliminare Wilma Mazzara ha accolto la richiesta del procuratore aggiunto Bernardo Petralia e del sostituto Claudia Ferrari.
L’indagine partì dalla segnalazione del prefetto Isabella Giannola, amministratore giudiziario dei beni del Gruppo Rappa, subentrata a Walter Virga, indagato assieme all’ex presidente della sezione Misure di prevenzione, Silvana Saguto. Gli agenti della Direzione investigativa antimafia erano andati a cercare il dipinto, che vale 500 mila euro, per metterlo sotto sequestro. All’indomani della perquisizione era stato lo stesso Vincenzo Corrado Rappa a consegnare l’opera, “Il Trovatore”, sostenendo che facesse parte dei suoi beni personali e non delle società finite sotto sequestro. Una versione che non ha convinto l’accusa, secondo cui, l’intestazione fittizia del dipinto sarebbe stato uno stratagemma per “salvare” il dipinto.
In realtà le ricerche all’inizio riguardavano un altro dipinto, a firma di Gino Severini, pittore futurista morto negli anni Sessanta. Nei libri contabili risultava che il quadro fosse stato ceduto dalla Pubblimed alla Med Group e poi dato in permuta, assieme a una scultura, ad un gallerista di Cortina per comprare il De Chirico. Agli atti dell’indagine finì la delibera con cui la Med Group riconosceva a Vincenzo Corrado Rappa per i suoi meriti gestionali un “premio” da un milione e 200 mila euro, liquidato in opere d’arte. Solo che, secondo i pubblici ministeri, in contabilità sarebbe presente la fattura che registrava la cessione del quadro fra le due società, ma non del corrispettivo pagato.
Sarebbe la documentazione presentata dallo stesso Rappa a convincere i magistrati che l’imprenditore abbia commesso un illecito. C’è una fattura dell’ottobre 2014, e cioè quando il sequestro delle società del Gruppo era già avvenuto, emessa dalla casa d’aste di Cortina e stavolta intestata a Vincenzo Corrado. “Nessuna irregolarità”, hanno sempre sostenuto i legali dell’imprenditore, consegnando anche della documentazione contabile: “Siamo assolutamente certi che il reato è del tutto insussistente – replicano gli avvocati Giovanni Di Benedetto e Raffaele Bonsignore – e confidiamo che il Tribunale in tempi celeri definirà il giudizio nel quale non potrà che essere riconosciuta l’estraneità del nostro assistito”.