PALERMO – Svolgeva l’attività di professore universitario e contemporaneamente lavorava nella società della moglie. Un doppio ruolo vietato dalla legge.
Per Vincenzo Franzitta, docente della facoltà di Ingegneria dell’Università di Palermo, la Procura ha chiesto e ottenuto il sequestro d’urgenza di poco più di 63 mila euro. A tanto ammonta la cifra che avrebbe guadagnato più di quanto gli spettasse. Gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dal sostituto Andrea Fusco, hanno scoperto che Franzitta, indagato per truffa, dal 2002 fa il docente, prima come ricercatore e ora come professore associato, in regime di tempo pieno, ma si sarebbe occupato anche dell’organizzazione e delle relazioni esterne della ditta di famiglia, “atteggiandosi a vero e proprio amministratore di fatto, pur avendo la mera qualifica di responsabile tecnico”. I finanzieri del Gruppo Palermo hanno raccolto le testimonianze di diversi clienti che hanno avuto a che fare con il prof.
Franzitta non avrebbe mai comunicato all’Università di Palermo il suo doppio ruolo. “Il rapporto di lavoro con il datore pubblico è storicamente caratterizzato, a differenza di quello privato – dicono gli investigatori – dal regime delle incompatibilità, in base al quale al dipendente pubblico è preclusa la possibilità di svolgere attività commerciali, industriali, imprenditoriali, artigiane e professionali in costanza di rapporto di lavoro con il datore pubblico. Deve, dunque, ritenersi parimenti vietato il cumulo di rapporti di lavoro alle dipendenze di un privato o di altro datore pubblico”.
La ratio della norma consiste nell’esigenza di tutelare “l’imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione che risulterebbero turbato dall’espletamento da parte di propri dipendenti di attività imprenditoriali o professionali. Centri di interesse alternativi all’ufficio pubblico rivestito, implicanti un’attività caratterizzata da intensità, continuità e professionalità, potrebbero attenuare infatti l’indipendenza e autonomia del dipendente pubblico, nonché il prestigio della pubblica amministrazione”. Il caso di Franzitta non è il primo e non sarà l’ultimo sotto osservazione.