PALERMO – Viviana Parisi a giugno aveva tentato il suicidio. È l’ultima ipotesi su cui lavorano gli investigatori. La donna avrebbe voluto riprovarci lo scorso 3 agosto, quando è uscita di casa dicendo al marito che stava andando a Milazzo per comprare le scarpe del piccolo Gioele. Ma per la famiglia l’episodio controverso non sarebbe stato un tentativo di suicidio ma un sovradosaggio di farmaci.
La rivelazione della cognata
“I primi giorni dello scorso mese di giugno – racconta la cognata Mariella Mondello – Viviana ha chiamato Daniele dicendo che si sentiva male perché aveva appena ingerito 5-6 pillole. Suo marito l’ha subito accompagnata al Policlinico di Messina dove le è stata fatta una flebo. La volevano ricoverare ma poi lei ha firmato per essere dimessa. Non sappiamo se è stato un tentativo di suicidio”. Di sicuro Viviana Parisi aveva già manifestato i problemi mentali.
Il legale: “Non ha tentato il suicidio”
“Viviana non ha tentato il suicidio a giugno, ma ha soltanto ripreso dei medicinali che le avevano dato a marzo all’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto, forse però ha esagerato con un sovradosaggio. Spero che nessuno voglia speculare anche su questo”. Lo ha affermato l’avvocato Pietro Venuti legale della famiglia Mondello.
“Non ha fatto del male a Gioele”
Dopo l’incidente in galleria del 3 agosto, lungo l’autostrada Messina-Palermo, la donna si è diretta nel bosco di Caronia con in braccio il figlio. Cosa è avvenuto dopo resta un mistero, ma gli investigatori continuano a privilegiare l’ipotesi dell’omicidio-suicidio.
Il corpo lontano dal traliccio
L’ipotesi che Viviana si sia suicidata lanciandosi dal traliccio sarebbe confermata dal fatto che il corpo è stato trovato a più di due metri di distanza e non sotto il pilone come sarebbe accaduto in caso di una caduta accidentale. Il corpo era a pancia in giù.
“Viviana mai avrebbe fatto del male a suo figlio”, ripetono però i parenti della mamma di Caronia. Escludono il duplice gesto estremo di uccidere il piccolo Gioele per poi togliersi la vita.
La ricostruzione della difesa
A suffragare la loro ricostruzione, secondo gli avvocati Pietro Venuti (ascolta l’intervista del legale) e Claudio Mondello (ecco la sua ricostruzione), ci sarebbe la distanza fra il luogo dove è stato rinvenuto il corpo della donna e quello in cui c’erano i resti del bimbo.
I legali due sere fa hanno fatto un sopralluogo nel bosco che si trova a poca distanza dall’autostrada Palermo-Messina.
L’ipotesi tracciate dagli investigatori sulla base dei dati raccolti dai periti è che, dopo l’incidente in galleria, Viviana abbia ucciso il figlio. Quindi avrebbe continuato a camminare ne bosco. Per quanto tempo? Il traliccio sotto il quale è stato trovato il corpo della donna si trova a circa 700 metri in linea d’aria dal luogo dove c’erano i resti del povero Gioele. Una distanza che, se percorsa a piedi, diventa più di un chilometro.
Perché camminare tanto se si è deciso di togliersi la vita? Ed è per trovare una risposta che due sere fa, a poche ore dal rinvenimento dei resti del bimbo, i legali sono tornati nel bosco.
Di contro, gli investigatori ritengono plausibile che Viviana, non avendo incontrato un dirupo da cui buttarsi, in preda al panico e frastornata, si sarebbe infine lanciata dal traliccio procurandosi le fratture mortali.
No, dicono i familiari, Viviana mai avrebbe fatto del male al figlio. Potrebbe averlo perso di vista semmai e salire sul pilone era l’unico modo per avere una visuale più ampia sul bosco nel disperato tentativo di individuarlo. Infine sarebbe accidentalmente precipitata. È una ricostruzione che non viene scartata neppure dal procuratore Angelo Cavallo. Come non si può escludere che sia arrampicata per sfuggire all’aggressione degli animali.
Sono tutte ricostruzioni plausibili, nelle quali va tenuto conto di un fattore decisivo: lo stato confusionale in cui doveva trovarsi la povera Viviana in quei minuti. E qui si apre un altro capitolo investigativo: la donna non stava bene, soffriva di paranoie e attravresava una profonda crisi mistica.
I certificati medici
Lo scorso marzo erano stati i medici dell’ospedale di Barcellona Pozzo di Gotto (in quei giorni riconvertito in ospedale Covid) a certificare le sue precarie condizioni psichiche. A fine giugno Viviana avrebbe tentato il suicidio ed era stata accompagnata al Policlinico di Messina. I documenti sanitari erano nella Opel Corsa rimasta coinvolta nell’incidente.
La Procura adesso vuole capire come mai la donna nonostante il suo stato di salute avesse continuato a prendersi cura di Gioele. La mattina del 3 agosto si è allontanata da casa. Con quali propositi? Fuggire lasciando a casa il telefonino per evitare di essere rintracciata e localizzata oppure voleva togliersi la vita? L’incidente in galleria ha cambiato i suoi progetti ed è finita nel bosco dove madre e figlio sono stati trovati morti.