PALERMO – Tramite il suo legale aveva fatto sapere che si sarebbe avvalsa della facoltà di non rispondere. Marianna Caronia non si è presentata al Palazzo di giustizia di Palermo. È saltato, dunque, l’interrogatorio di uno dei tredici ex capigruppo sotto inchiesta per le “spese folli” dell’Ars. “Il mio assisitito – spiega l’avvocato Ninni Reina – ha già fornito tutte le spiegazioni richieste e necessarie nel corso delle sommarie informazioni raccolte dalla Guardia di finanza”.
Le pezze d’appoggio? Un optional. I soldi, secondo i magistrati, passavano di mano senza uno straccio di documento. Nell’avviso di comparizione recapitato alla Caronia c’è un elemento ricorrente: “Il gruppo – in quasi tutti i casi il Misto, in uno il Pid – non è stato in grado di fornire alcun tipo di documentazione contabile”.
Così, secondo i magistrati, l’ex deputata avrebbe ottenuto un rimborso di 25.703 euro dal Misto in un primo caso, 3.750 in un secondo, 35.900 in un terzo e 23 mila dal Pid in un quarto. E poi avrebbe autorizzato il versamento di 18.700 euro a Dino Fiorenza, 24.800 a Mario Bonomo, 15.400 a Cateno De Luca e 4.180 a Riccardo Savona (per queste vicende, i quattro deputati sono stati iscritti nel registro degli indagati). E poi, anche nel caso di Marianna Caronia come nelle vicende contestate ad altri parlamentari, ci sono i rimborsi per i pranzi di dipendenti e parlamentari del gruppo: 1.730 euro che, nel 2009, sono stati versati alla società che gestisce i servizi della buvette dell’Ars.
Chiudono l’elenco i due pagamenti che l’ex deputata palermitana avrebbe autorizzato in favore dei propri collaboratori personali: a beneficiarne, secondo i magistrati, sarebbero stati Anna Maria Roscioli, dipendente stabilizzata del Misto, e Giuseppe Scozzola, che secondo i magistrati è di fatto un collaboratore personale della stessa Caronia.