PALERMO – La Procura di Palermo ha impugnato davanti al tribunale del Riesame la decisione del gip sulle misure cautelari chieste nell’indagine su presunti illeciti nella gestione di concorsi, pubblici, nomine e appalti nella sanità siciliana che coinvolge anche l’ex presidente della Regione Salvatore Cuffaro.
Il gip aveva accolto solo in parte infatti le istanze dei pm imponendo i domiciliari a Cuffaro, a Roberto Colletti, ex manager dell’azienda ospedaliera Villa Sofia, al direttore del Trauma Center dello stesso nosocomio Antonio Iacono e disponendo l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per l’ex braccio destro di Cuffaro Vito Raso e per Mauro Marchese e Marco Dammone l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e la misura cautelare interdittiva di esercitare attività imprenditoriali.
Per gli altri il gip aveva rigettato la richiesta della Procura. Mentre per Iacono e Colletti l’accusa non ha proposto appello, visto che il gip ha totalmente accolto le istanze degli inquirenti, per Cuffaro nel ricorso è stata chiesta la riqualificazione in corruzione, e non in traffico di influenze come ipotizzato dal gip, dell’accusa relativa a presunti illeciti nell’assegnazione dell’ appalto bandito dall’Asp di Siracusa e l’applicazione dei domiciliari (negati dal gip) per il capo d’accusa che riguardava presunte mazzette al direttore generale del Consorzio di bonifica occidentale della Regione Sicilia Giuseppe Tomasino.
Proposto appello verso il rigetto dei domiciliari per tutti gli altri indagati tranne che per il deputato di Noi Moderati Saverio Romano e per Vito Fazzino. Per quest’ultimo, già in fase di interrogatorio preventivo, i pm avevano revocato la richiesta di arresto.
L’appalto dell’Asp di Siracusa
Nella vicenda relativa all’appalto bandito dall’Asp di Siracusa il gip ha contestato a Cuffaro il reato di traffico di influenze e non quello più grave di corruzione, ipotizzato dai pm.
Una scelta, quella del giudice, che per la Procura, sarebbe “viziata da un’evidente opera di travisamento dei fatti che discende dall’aver del tutto omesso di citare, o comunque considerare, alcuni decisivi elementi di prova”.
La motivazione dell’ordinanza del giudice delle indagini preliminari sarebbe, inoltre, a dire dell’accusa, contraddittoria perché non avrebbe “valorizzato, raffrontandole con le emergenze probatorie, le contraddizioni in cui sono incorsi i diversi protagonisti della vicenda coindagati, ascoltati durante gli interrogatori preventivi”.
L’altro aspetto censurato dalla Procura riguarda il rigetto della richiesta di domiciliari per la presunta mazzetta che, attraverso Cuffaro e il deputato Dc Carmelo Pace, l’imprenditore Alessandro Vetro avrebbe fatto avere al direttore generale del Consorzio di bonifica occidentale della Regione Sicilia Giovanni Tomasino.
Per il gip, che aveva negato per tutti la misura catelare, l’indagine non avrebbe dimostrato la corruzione, ma al massimo una mediazione illecita onerosa che l’ex governatore avrebbe potuto eventualmente porre in essere, sfruttando la conoscenza con Tomasino per persuaderlo a favorire Vetro.
Per i pm, che ribadiscono quanto il contenuto delle intercettazioni sia chiaro a dispetto delle valutazioni delle difese, il gip avrebbe, però, “travisato le risultanze investigative richiamate” e non avrebbe valutato di elementi “di chiaro rilievo indiziario”.

