Intravaia: "L'uccisione di mio padre a Nassiriya, anni durissimi"

Intravaia: “L’uccisione di mio padre a Nassiriya, sono stati anni durissimi”

Le parole del deputato regionale
il ricordo
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PALERMO – “Sono trascorsi ventuno anni da quel maledetto 12 novembre che ha portato via mio padre, ma il ricordo di quella giornata resta indelebile nella mia memoria. Ero a scuola, al liceo, e alla mia compagna di banco arrivò un messaggio che la informava di un attentato al contingente italiano. Chiamai casa molto preoccupato e non mi rispose mia madre ma un parente, mi resi conto subito di quello che era accaduto”.

Lo afferma Marco Intravaia, oggi deputato regionale, figlio del vicebrigadiere Domenico morto nella strage di Nassiriya in cui, nel novembre 2003, persero la vita 28 italiani, di cui 17 militari.

Intravaia: “L’uccisione di mio padre a Nassiriya”

Oggi cominciano le cerimonie commemorative, a Monreale, paese natale del vicebrigadiere, e a Palermo. Questa mattina, alla presenza delle autorità civili e militari è stata deposta una corona sulla tomba nel cimitero monumentale della città normanna; a seguire, alle 10,30 cerimonia a Palazzo dei Normanni sulla lapida commemorativa.

Alle 11,30 santa messa presso la chiesa di San Giacomo dei Militari. Domani si entra nel vivo con la solenne cerimonia all’Altare della Patria, a Roma, insieme alle più alte cariche dello Stato.

“Anni durissimi”

“Questi sono stati anni durissimi per la mia famiglia, ma sempre vissuti con dignità e tanto orgoglio. – aggiunge Intravaia – Era un papà affettuoso, allegro e disponibile, amava il suo lavoro, la divisa che indossava e servire il suo Paese, con umiltà e senso del dovere. Papà è rimasto fedele all’Italia fino all’estremo sacrificio, consapevole del pericolo, praticamente certo di potere morire da un momento all’altro. – afferma – Adesso vivo la sfida di un padre che tenta di trasmettere quei valori ai suoi nipoti i quali, come noi, sono e saranno sempre più orgogliosi del nonno”.

“Oggi posso dire con serenità di non odiare nessuno. I terroristi che erano rimasti in vita hanno pagato con la condanna a morte in Iraq. Papà con il suo esempio silenzioso mi ha insegnato ad accettare anche i chiaroscuri che pure ci sono stati in questi anni. – conclude – Le istituzioni per un servitore dello Stato sono e restano i valori più alti da difendere ed onorare sempre”.


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