PALERMO – Di quella baracca restano le pietre annerite, uno stendibiancheria appeso al muro, delle piante accanto ad una vecchia poltrona bruciata. C’è poi un piatto di ceramica dipinto a mano che immortala uno scorcio di Palermo, la città che Benedetto Oliva amava vivere dalle sue “viscere”: nato e cresciuto nel quartiere del Capo, non aveva mai voluto lasciare quella zona in cui si alternano vecchie palazzine e ruderi coperti da eternit, abitati da senzatetto e rigattieri.
Lui, soprannominato “‘u zu Nino”, era arrivato ai suoi 74 anni non abbandonando mai quel microcosmo in cui lo conoscevano tutti e dove, nel tragico pomeriggio di ieri, ha perso la vita (clicca qui per leggere la notizia di cronaca). Le fiamme hanno avvolto la baracca in cui abitava con la moglie nel giro di pochi minuti. In via Gianferrata, a pochi metri dalla via Gioiamia – dove già un box era stato divorato da un incendio a gennaio – stavolta è accaduto il peggio.
Quando sono stati circondati dal fuoco e dal fumo nero, Oliva e la moglie sono riusciti a mettersi in salvo, uscendo subito in strada. “A quanto pare – racconta un residente della zona – Nino è tornato dentro per cercare di spegnere le fiamme, ma non è riuscito più ad uscire”. Il corpo senza vita dell’anziano è infatti stato trovato dai vigili del fuoco sul letto, avvolto dalle coperte con cui l’uomo aveva cercato di proteggersi. “Siamo tutti sotto choc – dice Grazia, che abita in una palazzina nelle vicinanze – qui era ben voluto da tutti, soprattutto per la sua simpatia e disponibilità”.
Nino si arrangiava: “Ogni giorno si dava da fare per raccogliere ferro, legna e oggetti da rivendere a Ballarò. Lo faceva per campare”, spiega il titolare di un piccolo negozio di articoli per la casa. “Le condizioni disagiate sue e della moglie erano evidenti – prosegue – ma entrambi avevano sempre il sorriso sulle labbra. Spesso ci raccontava aneddoti, storie del quartiere. Nella sua vita ne aveva viste tante”.
Nino, insomma, era la memoria storica del Capo.Di quella zona che si snoda tra i vicoli e le viuzze che vanno dal tribunale al Monte di Pietà, sapeva proprio tutto: “Per questo preferiva rimanere qui – prosegue Giovanni – che cercare un’alternativa altrove. Forse, anche se con mille problemi e disagi, si sentiva comunque più al sicuro”. Ma in quella casupola bruciata, non c’era nemmeno lo spazio per dare l’ultimo saluto a Nino.
Dopo l’intervento dei vigili del fuoco, la salma dell’uomo è così stata trasferita nella chiesa di Santa Maria della Mercede al Capo. “Ringrazio la Confraternita e il parroco, padre Giuseppe Pomi per aver accolto la salma, dove rimarrà fino a martedì mattina, giorno del funerale – dice il consigliere comunale Ottavio Zacco -. Ancora una volta – sottolinea – davanti alle tragedie, il quartiere dimostra di avere una grande dignità nonostante il grande choc”.
Un quartiere immortalato in centinaia di fotografie da Claudio Pezzillo, che in passato aveva scattato delle foto anche a Nino: le immagini lo ritraggono mentre raccoglie la roba da rivendere al mercato dell’Albergheria. Anche lì, sono in molti a ricordarlo: “Nulla lo fermava – dice un ambulante – veniva a lavorare per pochi spiccioli anche col freddo e con la pioggia. Nino ci mancherà, era una di quelle persone che non si arrendeva mai e sempre pronta ad aiutare gli altri. Oggi sono andato in chiesa, ho voluto salutarlo per l’ultima volta. Ma non riesco ancora a credere che non sia più qui con noi”.