PALERMO – Da una parte i Salto, dall’altra i Giambrone. Si conclude con pesanti condanne e assoluzioni il processo sulla faida di Borgetto, nel Palermitano.
L’11 febbraio del 2013 era stato scarcerato per fine pena Nicolò Salto, storico esponente del clan che si contrapponeva ai Nania-Giambrone. Una contrapposizione che aveva già condotto all’omicidio di Antonino, classe 1971. Nell’aprile del 2013 un altro Antonino Giambrone finì in cella nell’operazione “Nuovo Mandamento”. Poco dopo, in un incontro nel corso principale del paese le telecamere ripresero un incontro fra Salvo e il padre di Giambrone: suo figlio non sarebbe stato abbandonato. Basta guerra e piombo, anche Salto era sopravvissuto a un agguato, venne siglata una pax mafiosa. Si ripartiva con il pizzo e il controllo dei lavori pubblici.
L’inchiesta era coordinata dai pubblici ministeri Vittorio Teresi, Amelia Luise, Annamaria Picozzi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia (questi ultimi due sono ora in servizio il primo alla Dna e il secondo alla Commissione parlamentare antimafia.
Si tratta della stessa indagine che coinvolse anche il giornalista della tv privata Telejato Pino Maniaci, accusato di estorsione. La sua posizione è stata stralciata e Maniaci è sotto processo davanti al giudice monocratico. Secondo la Procura, avrebbe preteso denaro e favori dai sindaci di Borgetto e Partinico in cambio di una linea soft della sua televisione sulle attività delle amministrazioni comunali e su relazioni e parentele scomode di alcuni primi cittadini. Poche centinaia di euro e i riferimenti spiacevoli sarebbero spariti dai servizi di una emittente conosciuta per le sue battaglie antimafia.
I condannati sono Francesco Giambrone (16 anni), Giuseppe Giambrone (24 anni), Antonio Salto (17 anni), Nicolò Salto (27 anni). Assolti Antonino Frisina, Antonino Giambrone, David Giambrone, Tommaso Giambrone, Francesco Petruso,