Nei bar e per le strade, oggi a Palagonia, non si parla d’altro.
Quell’uomo, trovato morto nella sua abitazione, lo ricordano tutti. Una macchia, di sangue innocente, l’ennesima, che su Palagonia Guzzardi versò appena diciannovenne quando, dopo settimane di violenze fisiche e psicologiche, decise di porre fine alla vita di Enza La Rocca che di anni ne aveva appena sedici.
La giovane Enza
Una storia terribile che Enza, giovane e innocente, avrebbe voluto nonostante tutto “sanare”, salvando il suo onore, facendosi sposare da uno dei due suoi violentatori.
Fu lei, dopo quello che Guzzardi ebbe modo di definire un gioco a tre, a chiedere allo stesso Guzzardi e a Felice Motta (morto suicida dentro il carcere di Caltagirone) di essere sposata da uno dei due dopo quello che fra loro era accaduto. Nonostante le violenze, cercava di salvare l’onore in paese.
Nella piazzatta di Palagonia tutti l’avevano vista andar via con quel ragazzo e sapeva che uno dei due avrebbe raccontato agli amici, quella notte nel casolare di campagna dove, andata solo per far l’amore con il ragazzo che le piaceva, era finita oggetto delle perversioni dei due amici.
L’onore i due decisero di salvarlo tenendolo lontano da denunce e dicerie di paese uccidendola, facendola a pezzi e bruciandone i resti.
Gli anni in carcere
Massimo Guzzardi, 47 anni di anni, in carcere ne aveva trascorsi 14, uscito era tornato a vivere sotto il tetto della casa dei genitori, nel piano rialzato di una villetta bifamiliare in via Vittorio Emanuele, strada che dal centro conduce all’uscita della città in direzione Catania.
Un paese incredulo
C’è sgomento a Palagonia ma non dolore nelle parole della gente. Ce lo dicono nel bar dove spesso era solito recarsi durante la settimana dopo una giornata di lavoro: “Quello che ha fatto è stato troppo brutto, che cosa sia successo in quella casa non si sa e non mi interessa più di tanto. Dicono che è stato il padre, se era in galera sarebbe ancora vivo, le cose dell’Italia”.
Il padre arrestato
Il padre l’ultra ottantenne Francesco Guzzardi è uomo “schivo” non un bel carattere e dai modi “prepotenti”. Porta addosso i segni della lite furibonda con il figlio, un occhio contuso con un evidente ematoma, dei graffi ancora sporchi di sangue e altri lividi sul corpo. Nonostante l’età in quella che poteva essere una lotta impari, ha avuto la forza, nonostante le ferite, di accoltellare il figlio, uccidendolo.
Al tavolo di una stazione di benzina a pochi metri dal luogo dell’omicidio, ne parlano come di un operaio tanto bravo quanto facile all’ira.
Guzzardi, tratto in arresto dagli uomini del Comando Compagnia Carabinieri di Palagonia, ha ammesso ogni responsabilità.
Il possibile movente
A scatenare la lite fra padre e figlio diverbi legati a motivi economici. Nessuno della famiglia Guzzardi naviga in ottime acque dal punto di vista economico. Lavoro saltuario da operaio edile, quello di Massimo Guzzardi, che spesso ricorreva a piccoli prestiti da parte della famiglia per sbarcare il lunario. Ci sarebbe stato il diniego alla restituzione di una somma di denaro alla base dell’omicidio.
Più coltellate, di cui una mortale alla gola, sferrate dall’ottantenne al figlio che è morto pochi minuti dopo.
La famiglia, numerosa, è conosciuta in paese. “Si arrangiano, sono molti, da quello che so io – ci dice una vicina – lui viveva al piano di sotto, non aveva moglie e figli, i suoi genitori al piano di sopra. Nonostante tante dicerie mai avrei pensato che arrivassero a tanto”.
L’arma del delitto
La roncola, probabile arma del delitto, è un attrezzo da agricoltura ma che spesso viene usato, dagli anziani anche come coltello da cucina. Un attrezzo, per gli uomini di una certa età, da portare dietro per la sua versatilità di utilizzo.
Secondo i fratelli della vittima ciò che è accaduto è stato un fulmine a ciel sereno. In casa, ieri notte oltre alla vittima ed al padre c’era anche la madre che solo a fatto compiuto avrebbe raggiunto i due.
Subito dopo sarebbero usciti dall’abitazione in cerca di aiuto, raggiungendo un locale poco distante dove era in corso una festa, a cui partecipavano anche dei congiunti, chiedendo aiuto e sollecitando la chiamata al 112. Ormai per Massimo Guzzardi non c’era più nulla da fare.