Era arrivata senza avvisare in verità, e aveva avuto fretta di vedere la luce. Quando l’ho vista la prima volta aveva le mani troppo piccole ma l’ostetrica le contò le dita per controllare che ci fossero tutte. Sì c’erano tutte. Non mancava proprio nulla alla mia bambina. Autismo. Questa è la parola che con lei è entrata a far parte delle nostre esistenze e con cui invece qualcosa sembrava “mancare” . Erano trascorsi due anni. Senza rendermi conto ad un tratto la diagnosi di un medico cambiò bruscamente la mia visione di padre sulla vita che avevo tra le mani, il desiderio e il compito di crescere.
Le difficoltà di crescere un figlio, quelle che qualunque uomo o donna si pone, diventando genitore, si sono così amplificate di fronte alla malattia e annullate di fronte a tutto il resto. Cominciare a capire quali fossero i canali di comunicazione non usuali per entrare in contatto con il suo mondo “particolare” è stato il percorso cominciato da allora, entrare in contatto con i suoi desideri di bambina ingabbiati dall’impossibilità di comunicare, cercare una terapia, anche solo un gioco, un modo per entrare insieme a lei nel suo mondo per poterci vivere reciprocamente.
Da allora, passati diversi anni, non poche difficoltà, tante visite mediche, tante delusioni, tanti nodi in gola, e tante amarezze, sento come mio, il dolore del maestro Crapanzano, e per questo volevo condividere con chi legge ciò che mi appartiene e di cui non parlo facilmente, e volevo esprimere la mia comprensione a quel padre, lasciato solo nella gestione della malattia.
Il dolore dell’impotenza è quello travolgente che a volte ti lascia spossato di fronte al pianto di un figlio che sembra essere senza risposta e inconsolabile. Il dolore del pensiero del futuro legato alla crescita di un figlio che viene isolato da una società frettolosa e poco attenta alle diversità, seppure queste diversità esistano. È un appello allora all’attenzione, al rallentamento della vita frenetica, alla visione delle cose diverse ma altrettanto importanti, dalle quali si può imparare, dalle quali si può conoscere.
Guardo la mia bambina crescere, penso a quell’ostetrica che le conta le dita delle mani e penso che in fondo non le manca davvero nulla. È una piccola combattente contro la sua malattia, si impegna costantemente a vivere la sua vita “diversa” riuscendo a recitare una battuta a scuola, imparando ad accendere il computer e a navigare su internet, dicendomi ti amo papà mentre la porto al mare.
Il sapore delle sue grandi conquiste diventa così il sapore di una vittoria senza eguali. Per lei e per tutti i bambini e le famiglie che come lei lottano ogni giorno per imparare a vivere , anche senza l’attenzione di chi ha troppa fretta per fermarsi anche solo per capire cosa prova un genitore di un bambino autistico.