Mafia, raffica di condanne - Live Sicilia

Mafia, raffica di condanne

Processo Perseo. Confermata in appello, a Palermo, la condanna di ventidue boss e gregari della nuova Cupola. Nel 2008 i carabinieri bloccarono il tentativo di rifondare Cosa nostra.
Processo Perseo
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Doveva essere la rifondazione di Cosa nostra. Fu la disfatta di vecchi e nuovi boss della mafia palermitana. Una disfatta confermata dalla sentenza d’appello al processo nato dall’operazione Perseo del 2008. I giudici di secondo grado hanno emesso il verdetto nell’aula bunker del carcere Pagliarelli. Una sfilza di condanne e qualche assoluzione.

Questo l’elenco dei condannati che hanno ottenuto uno sconto di pena: Giovanni Adelfio (7 anni e 8 mesi), Giuseppe Calvaruso (6 anni e 4 mesi), Sandro Capizzi (10 anni e 8 mesi), Salvatore Freschi (8 anni e 8 mesi), Salvatore Milano (6 anni e 4 mesi), Gioacchino Mineo (9 anni e mezzo), Giuseppe Perfetto (7 anni e 4 mesi), Giuseppe Scaduto (10 anni, nella foto) e Stefano Ganci (5 anni). Per tutti non è scattata la continuazione con le condanne subite in precedenza. Significa che dovranno scontare le pene per intero. Tutti tranne Adelfio, Capizzi e Freschi difesi dagli avvocati Michele Giovinco, Marco Clementi e Salvo Priola.

Confermate, invece, le pene emesse in primo grado nell’ottobre del 2010, nei confronti di Salvatore Adelfio (6 anni e 4 mesi), Salvatore Bellomonte (6 anni e 4 mesi), Santo Dall’Oglio (4 anni), Giuseppe Di Cara (6 anni e 4 mesi), Antonino Freschi (5 anni e 8 mesi), Francesco Leone (4 anni), Massimo Mulè (6 anni e 4 mesi), Francesco Paolo Piscitello (2 anni), Onofrio Prestigiacomo (che nel frattempo si è pentito 6 anni e 4 mesi)), Rosario Rizzuto (3 anni e 8 mesi), Ludovico e Rosario Sansone (6 anni e 4 mesi per entrambi), ed Enrico Scalavino (7 anni e 8 mesi). Assolti Filippo Bisconti, già scagionato in primo grado, e Filippo Annatelli. Quest’ultimo, difeso dall’avvocato Giovanni Rizzuti, indicato come il reggente della cosca di corso Calatafimi e detenuto per altre vicende, in primo grado aveva avuto 5 anni e 8 mesi. Altri due imputati sono morti durante il processo: si tratta del boss Gerlando Alberti e di Placido Naso.

Le persone coinvolte nelle indagini erano molte di più, ma hanno seguito strade processuali separate. Per trasferire tutti i cento arrestati in quella notte di dicembre i carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo furono costretti a mobilitare i pullman. Le microspie e le videocamere svelarono la reazione dei boss alle forze dell’ordine e alla magistratura che avevano decimato le famiglie. Da Bagheria a Santa Maria di Gesù, da Porta Nuova a Pagliarelli: a Palermo e provincia si susseguivano incontri e summit. I Capizzi volevano fare la voce grossa, intestandosi la convocazione della commissione provinciale di Cosa nostra. Un organismo che non si riuniva più dal giorno dell’arresto di Totò Riina. Si tentò invano, di tirare dentro anche Giuseppe Salvatore, il figlio del capo dei capi, che la madre aveva voluto tenere fuori dai giochi. E si cercò uno sponsor d’eccezione lontano da Palermo, nella Trapani di Matteo Messina Denaro.

Non tutti erano d’accordo. I mal di pancia arrivarono soprattutto dal clan di Porta Nuova. I capimafia, vecchi e nuovi, non fecero in tempo ad organizzare la nuova Cupola.


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