PALERMO – “Decreti dis-umani” di fronte ai quali non si può “rimanere in silenzio” e che non andrebbero neanche approvati, comunità e canoniche da aprire all’accoglienza di chi sarà sottoposto “per decreto alle intemperie, ai rischi e alle strumentalizzazioni della strada”, un “fenomeno migratorio” causato dalla “idolatria del capitale” e dallo “strapotere dei manager mondiali della finanza”. Non va per il sottile il vescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, che per Natale ha scritto una preghiera in cui punta il dito contro il Decreto Sicurezza del governo Conte (leggi il testo completo).
Un riferimento non esplicito ma facilmente intuibile, contenuto in una lunga preghiera che, per esplicita disposizione del presule, sarà letta in tutte le chiese della diocesi non solo il 25 dicembre ma per tutto il tempo di Natale, quindi fino a metà gennaio. Non è certo la prima volta che Lorefice tocca i temi dell’immigrazione e dell’accoglienza, ma stavolta non lo fa in un discorso o in un’omelia bensì in una preghiera inviata a tutte le parrocchie e che sarà quindi ascoltata, per più giorni consecutivi, da migliaia di persone.
“Signore Gesù – si legge nel testo pubblicato sul sito della diocesi – ti sei dovuto accontentare di nascere non in un palazzo fastoso bensì in un alloggio di fortuna, in una precaria baracca adibita a stalla, senza torrioni e ponti levatoi, accessibile a tutti, dove anche gli umili e i poveri hanno avuto modo di incontrarti. Nessuno ha provato imbarazzo, nessuno è stato respinto”. Ma dopo le prime righe, la preghiera tocca subito il tema dei migranti: “Tu sei stato il primo profugo dell’era cristiana avendo vissuto il dramma della fuga e dell’esilio a motivo della sopraffazione del potente di turno di quella regione. Aiutaci a vivere il tuo Natale riconoscendo ogni piccolo, ogni donna e ogni uomo che chiede accoglienza. E se anche quest’anno abbiamo preparato un presepe nelle nostre case, nelle nostre chiese e nelle nostre comunità è per custodire un cuore umano che appiana le strade, riempie le trincee e abbatte i muri per accogliere tutti, a maggior ragione, il povero, l’orfano, la vedova e il profugo: i prediletti di Dio. Sì, quanti incrociamo nelle nostre strade che chiedono pane, lavoro e casa, affetto e calore umano, o quanti approdano sulle nostre spiagge e nei nostri porti per chiedere rifugio e asilo”.
Ma è nella seconda parte che Lorefice parla di decreti: un riferimento neanche tanto velato a quello sulla Sicurezza che porta la firma del ministro dell’Interno Matteo Salvini. “Che non ci accada di rimanere in silenzio dinnanzi ai ‘dis-umani’ decreti – tanto meno ad approvarli! – che aggravano la sofferenza di quanti sono già vessati dalla povertà e dalla guerra, vere cause del fenomeno migratorio che l’idolatria del capitale e lo strapotere dei manager mondiali della finanza continua a generare dalle regioni e dai continenti periferici della terra”. E infine l’appello all’accoglienza: “Rendici capaci di preparare il vero presepe che ci fa fare memoria del tuo Natale; facci osare di aprire le nostre comunità, le nostre famiglie, le nostre canoniche, le strutture edificate dai santi palermitani testimoni della Carità all’accoglienza dei poveri e di quanti saranno sottoposti, per decreto, alle intemperie, ai rischi e alle strumentalizzazioni della strada, privi di alloggio e di calore umano e cristiano – continua il testo scritto dal vescovo – Fa’ che in tanti nelle nostre comunità possano donare volontariamente parte del loro tempo, con creatività e competenza, nelle diverse realtà di accoglienza, di ascolto e di aiuto presenti nelle nostre realtà ecclesiali e nel nostro territorio. Facci essere testimoni credibili del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio nato a Betlemme dalla Vergine Maria”.
Lorefice, alla vigilia del suo quarto Natale sulla cattedra di San Mamiliano, ha deciso così di rivolgere un messaggio forte alla diocesi ma anche a Palermo: “In questo Natale il mio pensiero va innanzitutto al Signore perché, se non partiamo da Lui, anche la comunità cristiana pensa distante da ciò che invece la connota – si legge in una nota diramata dalla diocesi – Se noi pensiamo come Chiesa il nostro essere nel mondo, a partire dall’incarnazione di Gesù, allora è chiaro che questo ci porta a guardare gli uomini, con gli occhi di Dio, lì dove c’è fragilità e una esigenza di pienezza di umanità. Il messaggio che arriva a Natale è un Dio che si incarna e chiede una Chiesa che continua a riconoscere Gesù nella carne degli uomini e soprattutto se segnata dalla sofferenza ed è questo l’augurio per la mia Chiesa e per ogni uomo perché possiamo insieme sempre di più costruire una convivenza umana nel segno della solidarietà, di parole belle, costruttive nella condivisione, perché abbiamo questa via, quella che ha segnato il Figlio di Dio venuto sulla terra, la via dell’altro, della prossimità per accorciare le distanze”.