PALERMO – E così “più volte ho proposto al presidente Crocetta di rimuovere la dottoressa Corsello sin dall’inizio del mio insediamento”. Parola di Nelli Scilabra, già giovanissima assessore alla Formazione, pupilla politica del crocettismo. Che ai pm palermitani che indagano sulla vicenda degli extrabudget ha raccontato il suo disagio in assessorato in merito ai rapporti con la superburocrate Anna Rosa Corsello andata in pensione nei giorni scorsi. Più volte, racconta Nelli, l’assessore ha proposto la sua sostituzione. Ma la Corsello, annoverata nel cerchio magico del governatore, lì restava. E per un pezzo restò. Scavalcando la giovane assessore, o almeno così racconta Scilabra. E Crocetta? Già, Crocetta. Il loquacissimo governatore, nei racconti dei suoi ex assessori, si trasforma spesso in una sfinge silente. “Scrissi anche una riservata al presidente con cui gli rappresentavo che dopo aver saputo della vicenda Genovese avevo investito subito la Corsello dei dovuti controlli tuttavia la stessa non si era attivata”, racconta ai pm palermitani Scilabra, riferendo loro al riguardo: “Non ricevetti risposta da parte del presidente”.
Il verbale di Nelli Scilabra è un interessante spaccato politico che racconta anche del difficile, spesso tormentato rapporto degli assessori delle varie giunte Crocetta con il governatore. E quello con Nelli, anzi, è stato certo uno dei migliori, quasi idilliaco, visto che tutt’ora l’ex assessore è a capo della segreteria del presidente, che ne sacrificò la testa sul piatto della pace coi partiti dopo aver cercato di difenderla a spada tratta, come lui stesso ha rivendicato qualche giorno fa in una lettera a Livesicilia.
Eppure, dal racconto della Scilabra ai magistrati emerge chiara quella che si potrebbe chiamare “la sofferenza dell’assessore”. Che non sempre trova dalla sua parte l’empatia del presidente. Un racconto che presenta qualche analogia con quello affidato ai giornali dopo la sua uscita di scena da Nicolò Marino. Il magistrato altra pedina sacrificale in uno dei vari rimpasti, raccontò in un’intervista a La Sicilia di come Crocetta “cambiò discorso” quando lo stesso Marino gli riferì di presunte pressioni subite sul tema dei rifiuti in un incontro a Catania con Beppe Lumia, Antonello Montante e Ivan Lo Bello (ricostruzione contestata dagli interessati che annunciarono querela). Così come, sempre secondo il racconto dello stesso Marino, “Crocetta non fece nulla” quando lui segnalò presunte anomalie nelle autorizzazioni alle discariche private. Marino rimase al suo posto finché Crocetta non lo lasciò fuori nel rimpasto e da quel momento, dopo aver già attaccato più volte da assessore i vertici confindustriali soprattutto sul tema dei rifiuti (è tornato a farlo ancora nei giorni scorsi), cominciò a parlare, in una durissima intervista a Livesicilia, di “antimafia fasulla” anche a proposito del presidente della Regione.
Due storie accomunate dal malessere dell’assessore da una parte e dall’influenza del cerchio magico dall’altra, con Crocetta in mezzo, apparentemente intenzionato a non rompere gli equilibri. Copioni in qualche modo simili, almeno stando al racconto degli ex assessori. Due tra i tanti dell’affollatissimo club, visto l’esorbitante numero di quanti si sono succeduti nei quattro governi del politico gelese. Una storia costellata di divorzi anche dolorosi, di quella “sofferenza dell’assessore” che non fu certo prerogativa dei soli Scilabra e Marino. Soffrì e parecchio Lucia Borsellino, che salutò la compagnia dopo l’imbarazzante caso – che non era quello dell’intercettazione fantasma – che investì la Sanità siciliana e che ruotava attorno al medico personale di Crocetta Matteo Tutino, le cui responsabilità sono, è bene ricordarlo, ancora tutte da vagliare. Soffrì Lucia. “Oggi mi chiedo: sotto cosa ho messo la faccia?”, confidò dopo l’addio, parlando di un governo “che ha ormai scarsa credibilità”. Così come il gran côté dell’antimafia e della legalità a tanto al chilo che gli faceva corredo. E di cui, la stessa Borsellino, certamente in buona fede, fu utile orpello già in campagna elettorale. “Alla luce di quanto emerge, era il presidente che non mi parlava di tutto “, commentò Lucia in un’intervista.
Soffrì e parecchio anche Mariarita Sgarlata, che dovette togliere il disturbo dalla giunta per via della famigerata storia della piscina, che si risolse quasi subito in una bolla di sapone: “Io, fossi in lei, mi sarei già dimesso. Questo voglio che sia chiaro”, si era premurato a dire il governatore che aveva trasmesso gli atti in procura (che dopo poco chiese l’archiviazione del caso) sfoderando un rigorismo che in quel momento faceva gioco alle sue tattiche politiche. E manifestò sofferenza anche Nino Caleca, che da assessore all’Agricoltura mollò il governatore di punto in bianco parlando di pericoli di ritorno al passato. Soffrì pure Antonio Fiumefreddo, l’assessore eternamente annunciato, che a novembre dell’anno scorso commentava, accostandosi proprio alla Scilabra: “Non si può dire che una persona è insostituibile, e poi sostituirla. Perché altrimenti il dubbio è legittimo…”.
Storie e protagonisti diversi, un unico leit motiv, rappresentato da un presidente della Regione che con una spregiudicatezza politica fuori dal comune si barcamena da anni senza maggioranza e senza l’ombra di un risultato in un’avventura di governo in cui le porte girevoli per gli assessori sono diventate una regola.