03 Novembre 2020, 20:48
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CATANIA – Alcune volte le battaglie si vincono. Magari mettendo l’avversario all’angolo. E la macchina burocratica si muove, risolvendo in poche ore quello che è rimasto fermo per anni.
“La presente al fine di comunicarvi che il sopralluogo sui beni immobili che insistono nel Comune di Palagonia sarà eseguito giovedì 5 novembre alle 11”. È arrivata da pochi minuti la Pec firmata dal coadiutore Angelo Bonomo che permetterà a I Siciliani Giovani, Asaec, Arci Sicilia di poter accedere all’agrumeto e al casolare confiscato alcuni anni fa al consigliere provinciale Nino Sangiorgi, condannato nel processo Iblis.
Una convocazione che arriva a poche ore dalla conferenza stampa avvenuta davanti ai cancelli del latifondo chiusi con un lucchetto. Questa mattina gli attivisti delle associazioni che da mesi hanno aperto squarci sul sistema lacunoso dei beni confiscati e il presidente della Commissione Regionale Antimafia Claudio Fava sono rimasti fuori e non hanno potuto accedere a quello che nella carta dovrebbe essere proprietà dello Stato. Che invece è – la conferma è arrivata ancora oggi – occupato da chi non ne ha più diritto.
“Uno Stato immobile davanti a un lucchetto chiuso”. Erano state queste le parole di Claudio Fava, presidente della Commissione Regionale Antimafia davanti ai cancelli dell’agrumeto inserito nel bando dell’Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati. Accanto a lui anche il parlamentare regionale Nicola D’Agostino, che ha dato l’input ad avviare un’inchiesta sul tema. All’incontro presente anche i militari della compagnia dei Carabinieri di Palagonia.
Il deputato regionale Fava ha annunciato che invierà alla Procura della Repubblica una nota dettagliata “di quanto abbiamo trovato oggi a Palagonia. Un esempio di come in oltre dieci anni lo Stato non sia riuscito a dare disposizioni per poter liberare un agrumeto che ha tutte le potenzialità per diventare uno strumento virtuoso e fortemente positivo per generare ricchezza”. Oggi infatti erano presenti anche i rappresentanti della Aiab che sono “pronti ad avviare un progetto di agricoltura biologica”.
Il blocco sarebbe stato causato dal mancato passaggio di consegne dall’ex coadiutore ormai deceduto e Angelo Bonomo, che ai microfoni del TGR Sicilia questa mattina prometteva di avviare tutte le azioni per poter entrare il possesso del bene. Per 2 mesi tutto è rimasto fermo, ma dopo la conferenza stampa di oggi e il clamore mediatico che l’ha preceduto pare che qualcosa si sia sbloccato. E le porte sbarrate di questa mattina si apriranno giovedì.
La mail rappresenta un traguardo raggiunto. Un altro piccolo step in una lunga battaglia avviata ormai da mesi. Ma la situazione dei beni confiscati è drammatica. “Dal lavoro che stiamo facendo abbiamo potuto constatare che il 40% dei beni messi a bando dall’Agenzia è ancora occupato – commenta Matteo Iannitti de I Siciliani Giovani – e se non sono occupati sono stati devastati. Abbiamo dunque quasi l’80% del patrimonio a bando che è quasi inutilizzabile”. “È la rappresentazione dell’impotenza dello Stato di realizzare le finalità della legge La Torre – gli fa eco Nicola Grassi, dell’Asaec Associazione Antiestorsione di Catania – Le responsabilità sono diffuse e continueremo a denunciarle finché non si concretizzerà il riutilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia”.
E nella tabella di marcia c’è già un altra battaglia. Questa volta la sfida porta a zia Lisa, a Catania. Ma un passo alla volta. Intanto giovedì si va a Palagonia. Matteo Iannitti è un pò preoccupato: “Il clamore mediatico ha portato dei risultati, ma potrebbe anche avere un altro risvolto. E infatti mi chiedo come ce lo faranno trovare da due giorni?”. E allora l’appello è alle Istituzioni: “È importante monitorare e tutelare il bene che è dello Stato”.
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03 Novembre 2020, 20:48
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