C’è un filo rosso che collega gli ultimi due decenni in Sicilia. È quello del grande affare dei rifiuti. La vede così Claudio Fava, presidente della commissione Antimafia dell’Ars che da un mese ha avviato un’indagine sul sistema dei rifiuti. Un lavoro portato avanti in sordina dall’organismo dell’Assemblea, che ha già proceduto a una dozzina di audizioni, con dirigenti ed ex assessori. E che vuole andare a capire meglio come abbia preso corpo quello che è stato definito il “sistema criminogeno” della “munnizza” in Sicilia. Dall’ingrassamento delle discariche private al buco nera della raccolta nei comuni, fino a risalire al grande e oscuro affare dei termovalorizzatori, la commissione sta ripercorrendo un ventennio di vicende. “L’inchiesta parte dalla percezione che c’è un fil rouge che tiene insieme tutte le stagioni – dice Fava -. Un fil rouge che parte dal governo Cuffaro, poi Lombardo e Crocetta, con l’allargamento delle discariche private, fino ai nostri giorni col governo Musumeci. Un sistema con influenze di gruppi privati anche non siciliani e con la capacità di un condizionamento anche criminale. Proprio come con Montante vogliamo capire come è stato possibile”.
Si è cominciato con le audizioni di politici e burocrati. Sono già stati sentiti Giosuè Marino, Nicolò Marino, Pier Carmelo Russo. Non ha accettato l’invito della commissione Salvatore Calleri, che fu assessore con Crocetta. Sono stati sentiti anche alti dirigenti della Regione. E si proseguirà con i sindaci “interessati come parte lesa – aggiunge Fava -. Sia perché nei loro territori insistono impianti, sia perché siamo di fronte a scioglimenti di comuni in cui giunte si opponevano a certi disegni, pensiamo al caso di Scicli o di Siculiana”. Vicende su cui la commissione Antimafia vuole capire qualcosa di più. “Nel momento in cui si apre un conflitto tra comune di Siculiana e privati esplode improvvisamente il bubbone mafioso – ricostruisce Fava -, con un’inchiesta che poi si risolverà in un nulla di fatto. Nel frattempo però il comune era stato sciolto. Una situazione analoga si è verificata a Scicli”. Siculiana è il territorio in cui insiste la discarica della famiglia Catanzaro. Ed è stato Giuseppe Catanzaro, già presidente della Confindustria siciliana, uno dei principali bersagli dell’audizione di Nicolò Marino, che con l’imprenditore era già finito ai ferri corti. Marino ha parlato di presunte evidenze sottovalutate dagli inquirenti, soffermandosi sulla sua stagione al governo con Crocetta, quando entrò in rotta di collisione con il gruppo che gravitava attorno ad Antonello Montante, vicenda già esplorata dalla commissione Antimafia dell’Ars con la sua prima indagine della legislatura. Mentre Pier Carmelo Russo si è soffermato sull’affare dei termovalorizzatori – vicenda che l’ex assessore ha seguito come avvocato della Regione – e sulle sue inquietanti anomalie. “Se andiamo a vedere la storia dei quattro consorzi che avevano affidato la costruzione dei quattro termovalorizzatori, il modo in cui si è suddiviso il territorio tra i quattro a tavolino, è un’operazione che affidata alla casualità può riuscire una volta su miliardo”, ricostruisce Fava. Per la precisione “una possibilità su 926 milioni” misero nero su bianco i giudici amministrativi.
Dagli inceneritori ai giorni delle discariche. Con la scelta di andare “a raddoppiare, addirittura a triplicare, la portata delle discariche private – riferisce Fava -. L’Oikos con un tratto di penna viene autorizzata a bancare due milioni e mezzo di metri cubi di rifiuti. Accadono cose del genere. E anche in questo caso trovi la traccia forte di quei gruppi privati presenti anche nell’affare dei termovalorizzatori”. Come ci si è arrivati? “Nelle ultime audizioni ci spiegavano che ‘non si sapeva non c’era competenza’, c’è stato uno scaricabarile. In realtà l’architetto Cannova, condannato in primo grado, era la terza fila del dipartimento”. C’è una tendenza che sembra emergere, osserva Fava: “Istruttorie rapidissime e con altissimo tasso di inconsapevolezza di tutti, vedi Oikos o anche Catanzaro e Leonardi, che hanno permesso che le discariche private raddoppiassero la propria capienza. Dall’altra si perdono le tracce di tutte le procedure di investimento di impianti pubblici di trattamento a monte dei rifiuti”.
E poi c’è un altro capitolo, di cui meno si parla. Perché accanto all’abuso del conferimento in discarica, dietro cui si possono celare trame affaristiche, c’è un altro punto debole del sistema rifiuti, quello in cui le porte d’accesso per influenze criminali sono molteplici e minuscole, ossia il sistema frammentato della raccolta. E anche su questo si vuole indagare. “Abbiamo chiesto a tutti i 390 comuni di farci sapere da quando è stato dato l’incarico del servizio di raccolta, attraverso quale sistema e chiedendo a tutti di farci una radiografia limpida. Una trentina hanno già risposto”. Si tratta di un sistema in cui attraverso il cavallo di Troia delle proroghe e delle emergenze le inflitrazioni anche della criminalità organizzata sono ad altissimo rischio. Le inchieste in giro per la Sicilia non mancano. Ci sono appalti concessi dai Comuni per via d’urgenza alle stesse imprese per più volte senza gara, “un mondo – aggiunge Fava – in cui c’è anche un cospicuo riciclaggio di denari sporchi con imprese di prestanome di soggetti mafiosi”.
L’indagine proseguirà fino all’inizio dell’anno prossimo. Proprio mentre l’Ars deve discutere la riforma del sistema rifiuti proposta dal centrodestra, su cui l’opposizione promette battaglia. Ci sono ancora una ventina di audizioni da fare, e tra gli altri si vorrebbe sentire anche l’ex governatore Totò Cuffaro.