L’emergenza siciliana? Il traffico, è ovvio. Un traffico tentacolare, come nella fantasia di Johnny Stecchino. Nel 2006 a Catania era tanto grave, il problema, da spingere il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a concedere una deroga alle norme antimafia per affrontare il problema dei parcheggi. Il risultato, forse, era anche prevedibile: l’appalto per il parcheggio Sanzio, un affare da 21 milioni, è finito nelle mani di Mariano Incarbone, cugino del boss Filippo La Rocca poi coinvolto nell’inchiesta Iblis. La notizia viene rivelata dall’edizione catanese del mensile “S”, in edicola da domani, sabato 19 marzo, della quale LiveSicilia.it può fornirvi un’anticipazione.
La ricostruzione è integrata dal video che trovate fra i correlati a questo articolo: nel filmato due contenuti extra, le interviste al direttore generale della Protezione Civile Alberto Stancanelli e all’ex assessore al Patrimonio Giuseppe Arcidiacono che ha ereditato la gestione commissariale dell’Ufficio Emergenza Traffico Il progetto, in realtà, è stato assegnato a.lla Icob, un’azienda con un capitale di due milioni di euro, di cui il 90% è intestato a Incarbone. L’amministratore è Giuseppe Testaj, che non ha quote sociali, e il cugino del boss è il responsabile tecnico. Almeno sulla carta: “In realtà – si legge nella richiesta di sequestro dei beni relativa all’operazione Iblis, la stessa in cui è indagato Raffaele Lombardo – non vi è alcun dubbio che sia lui (Incarbone, ndr) ad amministrare la società”.
Il cugino di Incarbone, La Rocca, è ritenuto dalla Dda “vicerappresentante della famiglia di Enna di Cosa Nostra, uomo di fiducia di Raffaele Bevilacqua (storico reggente della famiglia mafiosa di Enna)”. Sarebbe, inoltre, legato alla cosca Ercolano-Santapaola. “Mariano Incarbone – si legge negli atti dell’operazione Iblis – si accordava con Enzo Aiello (ritenuto il reggente della famiglia mafiosa catanese) quanto meno per permettere a quest’ultimo di ‘insinuarsi’ in alcuni lavori… per infiltrare l’associazione mafiosa in rilevanti affari economici, sapeva di poter contare sull’opera di Mariano Incarbone, che deve – quindi – considerarsi un imprenditore ‘a disposizione’ dell’organizzazione mafiosa”.