CATANIA – “La nascita di Elena era voluta. Desideravo la maternità. Volevo laurearmi e lavorare, ma solo per garantire un futuro migliore a mia figlia”. Lo ha detto Martina Patti, la venticinquenne alla sbarra per l’omicidio della sua bambina di 4 anni.
La piccola Elena del Pozzo è stata uccisa a Mascalucia nel giugno dell’anno scorso. Sua madre, assassina rea confessa, l’ha poi seppellita in un campo abbandonato vicino a casa, prima di inventarsi la storia di un fantomatico rapimento. Ai carabinieri, però, ha confessato tutto e fatto trovare il corpo.
Le dichiarazioni spontanee
È ripreso oggi il processo a carico di Patti, detenuta e difesa dagli avvocati Tommaso Tamburino e Gabriele Celesti. Il processo si celebra dinanzi alla Corte d’assise di Catania, presieduta da Sebastiano Mignemi. La giovane imputata ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee in aula per ribattere a quanto sostenuto da un consulente della Procura. Uno psicologo, infatti, aveva parlato della personalità dell’imputata.
La tesi del consulente
Il consulente aveva detto che, alla luce dei test a cui era stata sottoposta, Martina Patti non avrebbe avuto il desiderio di maternità. La donna, secondo lui, era proiettata su sé stessa e pensava solo alla propria realizzazione. Questo, in sostanza, sarebbe potuto essere un ipotetico movente del delitto.
È stato a questo punto che l’imputata ha chiesto la parola. Ha detto che la nascita di Elena era voluta e che desiderava questa maternità. Nessuna gravidanza non desiderata. Ha aggiunto che la bimba – che poi ha ucciso – era tutta la sua vita.
Nessuna “gravidanza indesiderata”
Studiare, laurearsi, secondo quanto ha sostenuto, erano tutti obiettivi che aveva al solo scopo di dare un futuro migliore a sua figlia e non dover sopravvivere con il reddito di cittadinanza o l’aiuto della sua famiglia. La giovane imputata, va ricordato, non ha mai spiegato il movente del delitto. In aula la sua deposizione non è ancora imminente.
I testimoni dell’accusa
Ieri è stato il giorno dell’esame del consulente medico legale che ha effettuato l’autopsia sul corpo della piccola Elena, il dottore Giuseppe Ragazzi. Poi hanno deposto un maggiore dell’Arma dei carabinieri che ha coordinato le indagini e un ufficiale del Ris sulle analisi fatte dopo il delitto. Non sono state rinvenute tracce di sangue a casa dell’imputata.
I Ris si sono occupati dei reperti sequestrati sulla scena del delitto, le buste che si trovavano sotto il corpo della piccola Elena. In aula sono parte civile, si ricorda, il papà di Elena e la sua famiglia, assistiti dall’avvocato Barbara Ronsivalle. Le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Catania sono state coordinate dal procuratore Carmelo Zuccaro, dall’aggiunto Fabio Scavone e dal sostituto Assunta Musella.