Lavori in piazza Botteghelle |Tutti rinviati a giudizio - Live Sicilia

Lavori in piazza Botteghelle |Tutti rinviati a giudizio

Sono otto gli imputati alla sbarra.

Fiumefreddo di sicilia
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FIUMEFREDDO DI SICILIA. Saranno i giudici della terza sezione penale del tribunale di Catania a stabilire se siano state commesse o meno irregolarità nel corso dei lavori di restyling di Piazza Botteghelle a Fiumefreddo di Sicilia. Il gup Fabio Di Giacomo Barbagallo ha infatti disposto il rinvio a giudizio di tutti i sei imputati, accusati a vario titolo di frode nelle pubbliche forniture, violazione delle norme a tutela ambientale e abuso d’ufficio. Alla sbarra Salvatore Patriarca, legale rappresentante dell’impresa di costruzioni “Patriarca Geom. Salvatore”; Rosario Russo, legale rappresentante della ditta “Edil Federica Russo srl”; Domenico Grasso, direttore dei lavori nominato dal comune di Fiumefreddo di Sicilia; Salvatore Crimi, rup dei lavori; e Rosario Leonardi, responsabile dell’ufficio dei Lavori Pubblici del comune di Fiumefreddo di Sicilia. Saranno difesi rispettivamente dai legali Luca Mirone, Santo Mario Monti, Michele Pansera, Salvo Sorbello, Maria Elisa Ventura, Giuseppe e Giovanni Esterini. La prima udienza è stata fissata per l’8 gennaio 2019.

LE ACCUSE. Dopo anni di ricorsi giudiziari e sospensioni dei lavori le vicissitudini di piazza Botteghelle, cuore di Fiumefreddo di Sicilia, sfociano in un’inchiesta condotta dalle Fiamme Gialle di Riposto. Nel novembre del 2015, dopo il rinvenimento di tracce di amianto, l’intera area interessata dagli interventi viene sottoposta a sequestro. Quattro mesi dopo i militari setacciano uffici comunali, aziende e abitazioni degli indagati. Per la Procura di Catania nel corso dei lavori sarebbero stati utilizzati materiali difformi da quelli previsti dal progetto. Un mix di terriccio, scarti di laterizi, mattoni forati e calcinacci che avrebbe consentito alle due aziende, costituite in Associazione Temporanea d’Impresa, di risparmiare notevolmente sui costi. Tra le accuse anche quella di non aver bonificato l’area dopo il rinvenimento dell’amianto, depositando il rifiuto pericoloso nel sottosuolo.

 

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