CATANIA – Lo sciopero generale di Cgil e Uil. “Noi che non abbiamo paura della memoria gridiamo ‘al lavoro e alla lotta’ “. Le parole di Susanna Camusso risuonano in Piazza Manganelli. A citare la segretaria generale della Cgil è una ex lavoratrice della formazione professionale. Una delle migliaia di lavoratori scesi in piazza stamattina contro il Jobs Act e la Legge di Stabilità. Gli striscioni che popolano il corteo raccontano tutte le vertenze catanesi in attesa di soluzione: Seasoft, Micron, Acciaierie di Sicilia, Almaviva, Myrmex, Cesame, Stabile e Bellini. Simbolo di una città che soffre e di una desertificazione industriale e culturale che attanaglia un territorio intero. Il corteo è molto partecipato. Slogan, striscioni e musica caratterizzano i vari spezzoni che raggiungono Piazza Manganelli. Presenti vari pezzi de mondo della sinistra: Sel. Rifondazione Comunista, L’altra Europa con Tsipras, Catania Bene Comune, il Pdci e il Pmli. L’unico esponente del Partito Democratico che sfila è la deputata regionale Concetta Raia.
Dal palco volano parole dure all’indirizzo del Presidente Matteo Renzi, ma anche del governatore Rosario Crocetta e dell’assessore Lidia Vancheri. “Questi faccendieri della politica si devono vergognare”, dice il segretario provinciale della Cgil Giacomo Rota ripercorrendo le difficoltà che i lavoratori della Cesame hanno incontrato lungo il loro cammino. Il capitolo “formazione” chiama in causa l’ex assessore Nelli Scilabra, rea di “avere fatto macelleria sociale”. Ma il governo regionale non è il solo bersaglio del segretario della Cgil che ha ricordato al premier Renzi che la “vertenza Micron non sarà chiusa fino a quando i dipendenti in esubero non saranno reintegrati”. Parlando di Almaviva, gare al massimo ribasso e delocalizzazioni, Rota suggerisce “una legge di comparto” e torna ad attaccare Renzi: “Faccia leggi per lo sviluppo anziché balbettare”. “Questa è la terra degli annunci e delle incompiute: governo nazionale e regionale si diano una mossa perché Catania ha fame di opere utili, capaci di creare sviluppo e arrestare l’impressionante emorragia occupazionale in edilizia”, gli fa eco il segretario della Uil Fortunato Parisi.
La parola più ricorrente è “lavoro”, quello che non c’è e quello che è andato perduto (come i 12000 operatori in meno del settore edile nel giro di sei anni). La bocciatura del governo non riguarda soltanto la riforma del mercato del lavoro (“una condanna al precariato a vita”). “Nella legge di Stabilità il governo Renzi ha ridotto persino il Fondo per le Non Autosufficienze, mentre lievitano nel bilancio preventivo dello Stato le spese per la Presidenza del Consiglio e per il pagamento degli uffici dei collaboratori dei ministri”, denuncia il segretario della Uil Fortunato Parisi. “Intanto, i tagli alla spesa sociale sono una pratica quotidiana nelle nostre comunità, in questi mesi di confronto con i sindaci nella nostra provincia abbiamo constatato la crescente difficoltà dei Comuni nell’assicurare qualità e quantità di servizi essenziali ai cittadini: l’assistenza domiciliare, agli anziani, ai disabili, ai malati psichici, ma anche le politiche per la casa, l’integrazione e l’inclusione sociale”. Le conclusioni del comizio (dopo gli interventi di vari delegati legati a diversi settori: formazione, agroalimentare, microelettronica, cultura) sono affidate a Giovanni Torluccio, segretario generale nazionale della Uil Fpl che rilancia “l’unità sindacale”. L’idea di fondo è quella di andare avanti e considerare la mobilitazione odierna la prima di una lunga serie per riportare i temi del lavoro e dello sviluppo al centro dell’agenda politica del governo archiviando la fase infruttuosa “degli spot”.