03 Ottobre 2020, 18:14
1 min di lettura
CATANIA – Lo chiamavano Saddam a Paternò. Emanuele Di Cavolo è stato brutalmente ucciso in una strada isolata di Ramacca nel 2018. Per quell’efferato omicidio i carabinieri hanno arrestato due persone, Antonio Barbagallo e Samuele Cannavò. Entrambi finiti sotto processo davanti al Gup.
L’udienza preliminare è alle fasi conclusive: il 5 novembre ci saranno le repliche delle parti e poi la sentenza. Per i due imputati la pm Antonella Barrera ha chiesto la condanna all’ergastolo.
Non sono mancati i colpi di scena nel corso del rito abbreviato. Samuele Cannavò ha confessato tutto attraverso un memoriale. Si è addossato la colpa ed ha escluso da ogni responsabilità, invece, Barbagallo. Una tesi però che non ha convinto la pm. Che ha chiesto per entrambi la pena più severa.
Il difensore di Samule Cannavò, Massimo D’Urso, ha evidenziato la piena ammissione del suo assisto, mentre l’avvocato Vittorio Lo Presti ha chiesto al gup di assolvere Barbagallo visto che anche il co-imputato ne ha ribadito l’innocenza.
Ad uccidere Di Cavolo sarebbero stati uomini del clan Rapisarda di Paternò, Il suo gruppo criminale lo avrebbe “ritenuto soggetto inaffidabile”. Anzi Saddam avrebbe avuto la cattiva “abitudine di parlare troppo e di mettere in giro voci denigratorie nei confronti di altri sodali”. E così sarebbe stato deciso di “eliminarlo”.
I killer avrebbero deciso di ammazzarlo lontano da Paternò, in contrada Gaeto a Ramacca nei pressi della diga di Ogliastro. Hanno sparato con una 38 special.
Di Cavolo ha tentato la fuga ma attraversata la galleria è caduto a terra e qui i sicari lo hanno massacrato a colpi di pietra fino a tumefargli il volto.
Pubblicato il
03 Ottobre 2020, 18:14