Loris, il dolore ha fermato il tempo | I fiori della madre non entrano in chiesa - Live Sicilia

Loris, il dolore ha fermato il tempo | I fiori della madre non entrano in chiesa

I funerali di Andrea Loris Stival (Foto Cassisi)

Si sono svolti i funerali del bimbo di Santa Croce Camerina alla presenza di una grande folla, tra fiori, palloncini e lacrime. L'omelia del vescovo. I fiori della madre sul sagrato (il servizio di Andrea Cassisi). LE FOTO

SANTA CROCE CAMERINA (RAGUSA) –  Il cuore di rose bianche con la scritta Loris, composta dei boccioli delle rose rosse, di mamma Veronica resta fuori dalla chiesa. Non c’è Veronica Panarello al funerale del figlio. E sul nastro legato al cuscino della piccola bara bianca c’è scritto “Il papà ed il fratellino”. Tra decine e decine di corone e ceste di orchidee e rose bianche, depositate davanti alla parrocchia San Giovanni Battista di Santa Croce Camerina, poco prima dell’inizio dei funerali, ci sono anche i fiori della famiglia di Orazio Fidone, dei colleghi di papà Davide, del Mc Donald. Ed un enorme peluche di orsacchiotto con una pergamena ed un ricordo.

È come se il tempo si fosse fermato nella piccola comunità ragusana durante i funerali di Loris Stival. Una piazza silente, guarda al portone d’ingresso della Chiesa. Le luminarie di Natale sono spente. E ci sono i palloncini bianchi e azzurri, legati ai polsi dei bambini, tenuti per mano dai genitori. A qualcuno sfugge. E gli obiettivi delle telecamere per qualche istante li seguono nel cielo. Perché ai cronisti non è stato consentito l’ingresso nella Chiesa. Dentro solo i parenti più intimi della famiglia e i bambini, accompagnati dalle maestre, col grembiulino blu, arrivati dopo un breve corteo partito dalla scuola “Falcone Borsellino” di Piazza degli Studi. E i compagni della palestra con le tute del Taekwondo, lo sport preferito del piccolo Loris.

Davide Stival ha chiesto che le esequie si svolgessero in forma privata. Di fatto, però, la chiesa si riempie. E in molti restano in piedi. Alla funzione, tra gli altri, hanno partecipato anche il sindaco di Santa Croce Camerina, Franca Iurato, il sindaco di Ragusa Federico Piccitto, il presidente della Regione Rosario Crocetta. La bara bianca, con un cuscino di rose gialle, arancioni e rosse, entra quindi dal portone laterale della parrocchia. A portare a spalla il feretro anche il papà in un dolore composto. Una folla di gente riempie la piazza, mentre intorno i negozi sono chiusi. E le bandiere degli uffici pubblici a mezz’asta legate con un fiocco nero.

C’è silenzio e partecipazione durante la messa. Mentre le parole pronunciate dal vescovo durante il rito risuonano nella piazza attraverso un solo altoparlante posizionato sui gradini della Chiesa. “Dalla sera di sabato 29 novembre sgomento e speranza hanno abitato il nostro cuore – dice il Vescovo nell’omelia. La notizia della morte del piccolo Loris mi fu data da due sms di un amico, laconici e freddi, come fredda è la morte. Una notizia tremenda. Un fatto assurdo. Un gesto disumano. Un bambino non può morire perché un altro essere umano si è arrogato il diritto inesistente di togliergli la vita. Come si può uccidere un bambino? – tuona monsignor Urso -. Solo un folle, un pericoloso folle, può compiere un tale gesto. Un folle che deve essere fermato”.

Poi l’interrogativo: “Se Dio è Padre, come può permettere che un bambino, innocente e indifeso, sia ucciso e buttato in un canalone? La parola del Signore ci aiuta a vivere questo momento di grande sofferenza e ci offre due certezze: Dio ci ama, la nostra vita è nelle sue mani; il nostro futuro non è la morte, ma la vita”. Dall’altare il vescovo rivolgendosi poi a papà Davide: “Se non sono stato capace di dire parole veramente consolanti, sia lo stesso Signore a deporre nel cuore dei familiari del piccolo Loris e di tutti voi quelle parole che leniscono il dolore, asciugano le lacrime, rasserenano la vita. Davanti al corpo senza vita di Loris, noi proclamiamo la nostra fede e la nostra speranza. La nostra fede nel Dio che ci ama, la nostra speranza nella vita senza fine”.

Tra le letture scelte la seconda lettera di San Paolo ai Romani. Ed in un passaggio dall’esterno una voce flebile e commossa recita: “Dio è colui che giustifica, chi condannerà? Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Noi siamo vincitori grazie a colui che ci ha amato”. Sul carro funebre un cuore di fiori enorme. L’ultimo regalo da parte dei nonni e del bisnonno Giuseppe Aprile, morto qualche giorno fa.

“Non ci sono parole che possano alleviare la sofferenza – dice dopo la benedizione dall’altare la preside Giovanna Campo, della scuola ‘Falcone Borsellino’ -. Noi ci saremo sempre, oggi e nei giorni a venire per ricordare il nostro piccolo Loris. Mi consenta il papà questo possessivo che vuole solo descrivere il nostro affetto per il piccolo angelo che anche noi abbiamo amato e rimarrà nei nostri cuori. La speranza – conclude – è che il dolore non uccida la bellezza dei ricordi e che prevalga la certezza che l’amore dato e ricevuto non morirà mai”. “I tuoi compagni e le tue maestre sentono tanto la tua mancanza in classe ed ogni giorno convivono tristemente con la tua assenza – così la maestra nel salutare Loris -. Ricorderemo sempre i tuoi occhi grandi e attenti, il tuo sorriso. Ci mancheranno la tua semplicità, i tuoi interventi sempre precisi e mai fuori luogo e la tua voglia di impegnarti fino in fondo. Preghiamo perché da lassù possa trovare la pace e la serenità che meriti. Prega per tutti noi ed aiutaci a comprendere le ragioni di tutto questo. Dacci la forza di superare questi terribili momenti, proteggi la tutta famiglia e tutti noi che da quando non ci sei più non troviamo pace. Ciao Loris – conclude l’insegnate – la tua scuola ti porterà sempre nel cuore”.

La bara di Andrea Loris, al termine della funzione, si fa spazio tra la folla che ha partecipato alla messa dall’esterno della chiesa, tra scroscianti applausi e nuvole di palloncini bianchi lasciati volare al cielo.

17.33. “I tuoi insegnanti e i tuoi compagni sentono la tua mancanza. Ci mancano i tuoi occhi castani, la tua gioia e voglia di vivere”. Lo ha detto la maestra di Loris, Teresa Iacono, durante i funerali del piccolo. “Preghiamo ogni giorno – ha continuato la maestra – affinché tu possa trovare lassù la pace che meriti e che qui non hai trovato, e ti chiediamo da lassù di aiutarci a comprendere il motivo di questo tragico evento. La tua scuola ti porterà sempre nel cuore”.

LA NOSTRA DIRETTA

17.10. Ecco il testo integrale dell’omelia

“Sorelle e fratelli carissimi, ci siamo dati appuntamento in chiesa, questo pomeriggio, per celebrare insieme l’Eucaristia. Vogliamo chiedere al Signore di accogliere tra le sue braccia il piccolo Loris, vogliamo esprimere la nostra affettuosa vicinanza ai familiari affranti dal dolore, vogliamo ascoltare da Dio parole di conforto e di speranza, e testimoniare la nostra fede nella risurrezione. L’Eucaristia rende presente Gesù che muore e risorge perché noi abbiamo la vita per sempre. Dalla sera di sabato 29 novembre sgomento e speranza hanno abitato il nostro cuore. La notizia della morte del piccolo Loris mi raggiunse a Toledo, dove mi trovavo con un numeroso gruppo di vittoriesi per partecipare all’ordinazione presbiterale di un giovane, nato a Vittoria, che andrà a svolgere il ministero a Cuzco, in Perù. La notizia mi fu data da due Sms di un amico, laconici e freddi, come fredda è la morte: Bambino scomparso a Santa Croce… Bambino ucciso. Una notizia tremenda. Un fatto assurdo. Un gesto disumano. Veramente l’uomo «ha la spaventosa possibilità di essere disumano, di rimanere persona vendendo e perdendo al tempo stesso la propria umanità» (Benedetto XVI, 13.3.2008).

Le morti non sono tutte uguali. C’è chi muore dopo un lungo percorso di vita e chiude così serenamente il proprio cammino perché è arrivato al capolinea. C’è chi muore, bambino giovane o adulto, perché aggredito da una prepotente e impietosa malattia… Ma un bambino no. Un bambino non può morire perché un altro essere umano si è arrogato il diritto inesistente di togliergli la vita. Come si può uccidere un bambino? Solo un folle, un pericoloso folle, può compiere un tale gesto. Un folle che deve essere fermato. Quando ciò avviene, la nostra umanità si ribella e le domande insorgono e si inseguono. Non solo quelle rivolte agli uomini, ma anche quelle rivolte a Dio. Perché? Perché Dio non è intervenuto? Perché non ha bloccato la mano omicida? Se Dio è Padre, come può permettere che un bambino, innocente e indifeso, sia ucciso e buttato in un canalone? Noi cristiani non possiamo dire parole di circostanza, parole vuote, falsamente consolatorie. Noi cristiani ci ricordiamo delle risposte di Giobbe ai falsi amici che «sputavano sentenze», ponendosi su un piedistallo di superiorità: «Quel che sapete voi, lo so anch’io; non sono da meno di voi. Ma io all’Onniptente voglio parlare, con Dio desidero contendere. Voi imbrattate di menzogne, siete tutti medici da nulla. Magari taceste del tutto: sarebbe per voi un atto di sapienza… Ne ho udite già molte di cose simili! Siete tutti consolatori molesti. Non avranno termine le parole campate in aria?… Anch’io sarei capace di parlare come voi, se voi foste al mio posto: comporrei con eleganza parole contro di voi e scuoterei il mio capo su di voi » (Giobbe 13,2-5; 16,2-4). Il Signore, che mi ha costituito pastore in questa Chiesa, vuole che io vi dica solo le parole della fede, le uniche che possono consolare il cuore, pur nella consapevolezza che la morte, e la morte di un bambino per violenza, rimane sempre avvolta da un’ombra di mistero. Non sono in grado di rispondere in maniera compiuta alle tante domande che la tragedia, che qui ci vede riuniti, suscita in noi. Posso dirvi, però, che Dio non è insensibile di fronte alla morte e alla sofferenza che essa provoca. Dio è accanto a chi muore e a chi soffre. Un giorno cadrà il velo che copre i nostri occhi e capiremo.

Alla bambina giapponese di sette anni, che aveva chiesto a papa Benedetto di spiegarle perché molti suoi coetanei erano morti nel terremoto che aveva colpito il suo Paese e perché i bambini devono avere tanta tristezza, il Papa rispose: «Cara Elena… anche a me vengono le stesse domande… E non abbiamo le risposte». E poi aggiunse: «ma sappiamo che Gesù ha sofferto come voi… Dio sta dalla vostra parte… un giorno potremo anche capire perché era così» (22.4.2011). È vero che noi non possiamo scrutare il segreto di Dio perché vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio (cfr. Benedetto XVI, Discorso ad Auschwitz-Birkenau, 25.5.2006). Possiamo però gridare davanti a Dio, mentre attendiamo con fiducia la salvezza. La Parola del Signore ci aiuta a vivere questo momento di grande sofferenza e ci offre due certezze: Dio ci ama, la nostra vita è nelle sue mani; il nostro futuro non è la morte, ma la vita. Dio ci ama, la nostra vita è nelle sue mani Dio non vuole la morte perché è il Dio della vita! Egli ci ama e niente potrà mai separarci dal suo amore. «Io sono infatti persuaso, scrive san Paolo, che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39). La Parola del Signore ci conferma che «le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà… essi sono nella pace… la loro speranza resta piena di immortalità» (Sap 3,1-4). Non solo dopo la morte, ma anche prima noi siamo nelle mani di Dio, quelle mani che trasmettono fiducia e sicurezza perché sono forti! Siamo nel cuore di Dio, caldo ed accogliente, capace di perdono. Quel cuore che fa dire a Dio: «Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare… Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele?… Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione» (Os 11,1-8).

Per esprimere l’infinità dell’amore di Dio per tutti noi, c’è un’espressione nella Bibbia ancora più toccante e incisiva: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15). Quel «mai» (io non ti dimenticherò mai) è di una forza travolgente. Questo spiega perchè don Orione abbia potuto dire a Ignazio Silone: «Nell’avvenire non ti mancheranno momenti di disperazione. Anche se ti crederai solo e abbandonato, non lo sarai. Non dimenticarlo» (Uscita di sicurezza). L’amore sconfinato di Dio per l’uomo esige che, da parte nostra, ci sia un analogo impegno di amore per tutti. Nessuno deve essere abbandonato e lasciato solo! La prova, che Dio ama ed ama senza limiti e senza condizioni, ci è offerta dal fatto che Gesù ha accettato di essere ucciso per tutti. Il vangelo secondo Luca ci racconta che, da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, quando dovrebbe esserci la pienezza della luce, si fa invece buio su tutta la terra e il sole si eclissa. Perché Gesù muore. È il buio del tradimento, del rinnegamento, della solitudine, della morte. È sempre così, quando un uomo viene ucciso. Si fa buio su tutta la terra! Il nostro futuro non è la morte, ma la vita Noi non siamo nati per morire. Siamo nati per vivere e vivere per sempre. Marta piange il fratello morto e manifesta a Gesù il suo rammarico perché non è venuto prima: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Ma Gesù così le risponde: «Tuo fratello risorgerà… Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11,21-26). Nella proclamazione del vangelo secondo Luca abbiamo sentito che il primo giorno della settimana, al mattino presto, portando con sé gli aromi che avevano preparato, le donne vanno al sepolcro dove pensano di trovare il corpo di Gesù. Ma non lo trovano. Discutono tra loro per cercare di capire il senso dell’accaduto, quando vengono impaurite dalla presenza di due uomini in abito sfolgorante. Mentre le donne tengono il volto chinato per terra, i due uomini chiedono: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto» (Lc 24,1-6). L’amore non permette alla persona amata di morire. «Amare qualcuno significa dirgli: tu non morirai!», sostiene Gabriel Marcel. Tu continuerai a vivere nel ricordo, nell’affetto e non solo. Tu vivrai di una vita nuova e speciale perché la vita non ci è tolta ma trasformata, perché Dio ci ama e l’amore sfonda la barriera del tempo! Ci rattrista, è vero, l’esperienza della morte ma ci consola la promessa dell’immortalità futura. Così, infatti, ci fa pregare la liturgia: «mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo». Davanti al corpo senza vita di Loris, noi proclamiamo la nostra fede e la nostra speranza. La nostra fede nel Dio che ci ama, la nostra speranza nella vita senza fine. Se non sono stato capace di dire parole veramente consolanti, sia lo stesso Signore a deporre nel cuore dei familiari del piccolo Loris e di tutti voi quelle parole che leniscono il dolore, asciugano le lacrime, rasserenano la vita”.

16.42. Il feretro esce dalla chiesa

16.41. Sul sagrato della chiesa di San Giovanni Battista a Santa Croce di Camerina c’è anche una corona a forma di cuore con fiori che compongono la scritta ‘Loris’, accompagnata da un nastro bianco con la scritta ‘la mamma Veronica”.

16.40. La preside della scuola di Loris legge un messaggio in chiesa: “Il dolore non uccida la bellezza dei ricordi. Noi ci saremo sempre, non solo in questi giorni”.

16.39.  ”Quando ciò avviene – ha aggiunto il vescovo – la nostra umanità si ribella e le domande insorgono e si inseguono. Non solo quelle rivolte agli uomini, ma anche quelle rivolte a Dio. Perché? Perché Dio non è intervenuto? Perché non ha bloccato la mano omicida? Se Dio è Padre, come può permettere che un bambino, innocente e indifeso, sia ucciso e buttato in un canalone?”. Al termine dell’omelia monsignor Paolo Urso ha detto: ”Se non sono stato capace di dire parole veramente consolanti, sia lo stesso Signore a deporre nel cuore dei familiari del piccolo Loris e di tutti voi quelle parole che leniscono il dolore, asciugano le lacrime, rasserenano la vita”.

16.35. “La notizia mi fu data da due sms di un amico, laconici e freddi, come fredda è la morte: Bambino scomparso a Santa Croce… Bambino ucciso. Una notizia tremenda. Un fatto assurdo. Un gesto disumano. Veramente l’uomo ‘ha la spaventosa possibilità di essere disumano, di rimanere persona vendendo e perdendo al tempo stesso la propria umanità'”.. Lo afferma il vescovo di Ragusa, Paolo Urso, nell’omelia del funerale di Loris Stival nella chiesa di San Giovanni Battista.

16.05. “Un bambino non può morire perché un altro essere umano si è arrogato il diritto inesistente di togliergli la vita. Come si può uccidere un bambino? Solo un folle, un pericoloso folle, può compiere un tale gesto. Un folle che deve essere fermato”. Lo afferma il vescovo di Ragusa, Paolo Urso, nell’omelia del funerale di Loris Stival nella chiesa di San Giovanni Battista a Santa Croce Camerina.

Il feretro bianco del piccolo Loris, il bimbo di otto anni ucciso il 29 novembre scorso, è giunto in piazza Vittorio Emanuele, a Santa Croce Camerina (Ragusa), e ha fatto il suo ingresso nella chiesa di San Giovanni Battista, dove alle 15 saranno celebrati i funerali dal vescovo di Ragusa Paolo Urso. La bara è stata portata da quattro persone, tra le quali il padre del bimbo, Davide. La bara è stata fatta entrare in chiesa da un ingresso laterale. La piazza è transennata e presidiata dalle forze dell’ordine. Arrivano i bambini in corteo. Indossando il grembiule accompagnati dalle insegnanti entrano in Chiesa, dove tra pochi minuti è inizieranno le esequie.

Tante corone di fiori davanti alla chiesa San Giovanni Battista. Qualcuno si avvicina per sistemarle vicino alle porte blindatissime della chiesa e si allontana per evitare di essere ripreso dalla telecamere. La città si stringe al dolore della famiglia Stival e partecipa come può. Dentro il caffè Mokambo, proprio di fronte alla piazza, ci sono palloncini azzurri e bianchi che i proprietari faranno volare alla fine della cerimonia. Presente il prefetto di Ragusa, Annunziato Vardè: “Sono qui per manifestare il mio profondo cordoglio personale e delle istituzioni che rappresento. Confido nell’impegno della Procura affinché sia fatta piena luce su questo tragico caso e a questo proposito auspico che sia rispettato il lavoro degli inquirenti e possa essere assicurata la necessaria collaborazione da parte di coloro i quali possano dare aiuto agli inquirenti per le indagini”.

“Ciao campione”. In queste due parole c’è il dolore dell’associazione Taekwondo, lo sport preferito del piccolo Loris. Tutta l’opinione pubblica lo ha conosciuto così, nelle prime foto pubblicate dopo la tragedia, con la sua tuta bianca impacciato davanti alla fotocamera che lo immortalava in palestra. A venti giorni dal ritrovamento del suo corpo nel canalone di Mulino Vecchio, oggi alle 15 i funerali. Santa Croce Camerina è in lutto. Bandiere a mezz’asta legate con un fiocco nero nella sede del Comune e attività commerciali con le saracinesche chiuse in concomitanza con lo svolgimento della funzione.

A presiederla sarà il vescovo della diocesi di Ragusa, monsignor Paolo Urso, che officerà il rito davanti ad una piccolissimo gruppo di fedeli per volontà del papà di Loris, Davide, che ha voluto l’addio al suo bambino in forma strettamente privata. Nessuno, dunque, entrerà nella parrocchia San Giovanni Battista, eccetto i parenti più intimi e una rappresentanza della scuola, due bambini per ogni classe della “Falcone – Borsellino”, che Loris frequentava. L’area antistante è stata transennata ed è presidiata dalla polizia municipale. Sui gradini questa mattina sono state depositate quattro piccole corone di fiori bianchi, tra cui quella della ditta di autotrasporti per la quale lavora Davide Stival. Appoggiato al portone d’ingresso anche un peluche colorato come tanti di quelli che sono stati portati nei pressi del canalone di Mulino Vecchio. Un corteo di bambini muoverà da piazza degli Studi alle 14.30. Non è dato sapere se il feretro giungerà direttamente in chiesa.


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