PALERMO – Era un uomo tutto d’un pezzo oltre che un giudice rigoroso e preparato. Le aule di giustizia per Gioacchino Agnello erano un tempio. E nessuno doveva dimenticarsene. “Senta amico mio… “, disse Agnello quando Totò Riina, erano gli anni appena successivi alle stragi di mafia, arrivò con piglio spavaldo davanti alla Corte d’Assise che Agnello presiedeva.
La stessa Corte che poi avrebbe condannato all’ergastolo il padrino corleonese assieme agli altri componenti della Cupola mafiosa. Era il processo per gli omicidi di Piersanti Mattarella, Pio La Torre e Michele Reina. Il giudice Agnello è deceduto mercoledì scorso. Aveva 85 anni di cui 44 vissuti in magistratura, quasi sempre a Palermo dove era approdato, dopo una parentesi in Calabria, alla Procura della Repubblica, lo stesso ufficio dove ore lavora il figlio pubblico ministero Maurizio.
I funerali saranno celebrati stamani, alle 10, nella chiesa di San Michele.