Ma nella povera Sicilia | ognuno fa per sé - Live Sicilia

Ma nella povera Sicilia | ognuno fa per sé

Siamo immobili, nonostante le emergenze.

Semaforo Russo
di
3 min di lettura

“Ma davvero nel centrodestra siciliano qualcuno pensa di potere andare avanti così? Ma sul serio i massimi vertici delle Istituzioni regionali hanno intenzione di trasformare le suddette in un ring per una permanente rissa? Ma davvero merita questo la Sicilia?”. E’ l’incipit dell’ottimo articolo di Salvo Toscano (Il centrodestra e la rissa impazzita. Ma la Sicilia ha bisogno di altro).

Sono domande drammatiche, tanto più drammatiche se si considera che sono esattamente le stesse che nel recente passato abbiamo rivolto al centrosinistra durante l’inconcludente stagione dei governi crocettiani. Perché il punto è proprio questo, non basta mutare governanti e schieramenti per vedere finalmente un cambiamento o, almeno, un’inversione di rotta. Tutto resta desolatamente uguale.

Non ci riferiamo semplicemente ai mille problemi irrisolti della Sicilia ma anche e soprattutto, essendo probabilmente all’origine dei nostri guai, al modo di concepire e di praticare la politica ad opera di una classe dirigente, pure questa sostanzialmente sempre la medesima, che indipendentemente dal colore politico di appartenenza alla fine perpetua logiche e metodi assolutamente similari.

Gli scontri, le risse, gli agguati, le imboscate sono strumenti di lotta politica a destra al centro e a sinistra, anzi, sono strumenti di lotta all’interno del centrodestra e del centrosinistra, il classico fuoco amico mai motivato da nobili ragioni (sennò sarebbe un confronto aperto e leale) ma dal persistente tentativo delle singole forze politiche, delle singole correnti e dei singoli deputati regionali di grattare quanto più potere possibile, quante più poltrone disponibili nel mare magnum degli incarichi di governo e di sottogoverno per un vantaggio personale, di corrente, di partito.

Il risultato è l’immobilismo sul fronte degli interessi generali e il rincorrere leggi, emendamenti e provvedimenti amministrativi per compiacere lobby, corporazioni, bacini elettorali e amici sul fronte degli interessi particolari. Il duello in atto, poi, tra il presidente della Regione Nello Musumeci e il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè, da notare nominalmente collocati dalla stessa parte, è inaccettabile perché mina profondamente la già scarsissima fiducia dei siciliani nelle istituzioni (basta leggere le spaventose percentuali di astensionismo a qualunque tornata elettorale) e l’effettiva capacità dell’organo esecutivo e dell’organo legislativo di lavorare in perfetta sinergia seppure, ovviamente, nel rispetto dei distinti ruoli.

La sensazione è che si stia navigando a vista e che le riforme necessarie per fare uscire la Sicilia dal buio della marginalità e del sottosviluppo non arriveranno mai. Continueremo a subire la pesante emergenza rifiuti, la mancanza di infrastrutture stradali e ferroviarie degne di tal nome, l’esistenza di una rete idrica colabrodo, una Sanità da incubo appena si oltrepassa la soglia di un pronto soccorso, l’emorragia inarrestabile di giovani alla ricerca di lavoro e di realizzazione.

L’elenco sarebbe infinito. Ci pare che si navighi a vista osservando certe sortite del governo regionale, con conseguente esborso di denaro in una fase finanziariamente molto critica, che sebbene immaginiamo legittime non colgono le vere priorità, prive della visione di una Sicilia più competitiva al tavolo con le altre regioni italiane ed europee (la vicenda Ambelia ne è un esempio).

Ovviamente le responsabilità di tale stato delle cose non è soltanto dei politici, della politica. E’ una responsabilità collettiva, particolarmente quando si entra nella cabina elettorale, una responsabilità dei mondi vitali dell’impresa, del commercio, del sindacato, della pubblica amministrazione, della cultura che spesso invece di lottare contro privilegi e cattiva politica si adeguano a un sistema complessivo legato a interessi di parte a danno del bene comune. Come a dire, ognuno per sé.


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