Uno scrive una cosa così: “Birre e cartacce sparse ovunque, rutto libero, un indescrivibile fetore nell’aria, chi sviene a destra, chi vomita a sinistra. Ecco l’Olivella. Diciamo che ognuno ha la Movida che si merita. Palermo ha una Movidina. Anzi, una Movidella”.
E viene seppellito da una valanga di improperi. Un privilegio raro nella carriera di un giornalista. Su cosa si esercitano coloro che sono intervenuti, cliccando nel vasto menu quotidiano di Livesicilia? Si dolgono perché un disgraziato forse è stato “suicidato” in carcere? Si lanciano in una disquisizione ambientalista sul rigassificatore? Commentano il bilancio del governo regionale? Deprecano la presunta malasanità ad Agrigento? No. Per loro l’argomento del giorno è l’Olivella. Anzi, è il delitto di lesa maestà compiuto dal giornalista che coordina questo giornale. E sia. Una prima osservazione di metodo: con gli insulti non si costruisce il dialogo. A parole siamo tutti tolleranti, democratici e accoglienti. Nei fatti. Bè… nei fatti il lettore scevro da pregiudizi potrà valutare i commenti e le risposte del sottoscritto e farsi liberamente un’idea. Una seconda osservazione nei contenuti: Palermo è una città dallo sviluppo mancato. Tale spiacevole circostanza si rivela lungo tutto il perimetro della sua vita tormentata. Dalle istituzioni, alle scuole, ai luoghi di divertimento. Forse sarebbe il caso di cominciare a prenderne atto e rimboccarsi le maniche. Chi scrive non cambia parere: l’Olivella è un luogo (purtroppo) sporco, in parte degradato e molesto per tanti residenti che hanno diritto a un minimo di serenità. E’ un parere, appunto, che dovrebbe richiamare altri pareri, non una crociata contro il cronista eretico. Ma un discorso del genere ci porterebbe lontano, a lambire le sponde di un certo conformismo che è uno dei mali di questa città. Per ora registriamo un grande interesse sull’argomento “Olivella”. E perciò ci torneremo su. Interesse – lo diciamo di passata – che non si nota su altre e più importanti questioni che riguardano Palermo. Vorrà dire qualcosa?
Partecipa al dibattito: commenta questo articolo